Il profilo dei soggetti non è disciplinato, di massima, né da fonti contrattuali né da fonti legislative: in sostanza, stipula il contratto collettivo chi ha la forza di stipularlo, essendosi fatto accettare dalla potenziale controparte negoziale. A determinare gli esiti contrattuali, quindi, sono le dinamiche spontanee del sistema sindacale.
A tale principio, tuttavia, devono essere affiancate due eccezioni:
- il contratto di livello decentrato, che non la legge, ma le parti sindacali stesse (a livello nazionale, interconfederale o di categoria) hanno ripetutamente cercato di ricondurre all’interno di determinate regole.
Il tentativo più serio a tale riguardo è stato effettuato dal Protocollo Ciampi del 1993, che ha efficacemente regolato il sistema di contrattazione collettiva italiana. Tale protocollo, strutturando la contrattazione su due livelli (uno nazionale ed uno territoriale/ aziendale), ha precisato che la legittimazione a stipulare contratti collettivi di secondo livello spetta alle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) e, congiuntamente, alle organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori firmatari del contratto nazionale. Clausole come quelle del protocollo, tuttavia, soffrono di una debolezza congenita, che dipende dalla valenza esclusivamente sindacale, e non giuridica, delle stesse.
- le ipotesi di contratto collettivo specificatamente previste dalla legge in relazione a rinvii operati dalla stessa, accompagnati e qualificati dall’indicazione di criteri di selezione dell’agente negoziale.
In tali ipotesi non viene meno la libertà di scelta dell’agente, ma la legge semplicemente prevede che un dato contratto collettivo sia abilitato a produrre dati effetti tipici soltanto ove sia stipulato da determinati sindacati.