Il diritto del lavoro, come detto, prende avvio dagli sconvolgimenti economici prodotti dalla Rivoluzione industriale. La nascita dell’industria moderna, tra l’altro, si intreccia con quel processo di affrancamento dai vincoli feudali e di affermazione della libertà economica che avrà il suo culmine politico nella coeva Rivoluzione francese.
Per il padre dell’economia politica, Adam Smith, la questione del lavoro doveva risolversi semplicemente in termini di libero mercato (la <<mano invisibile>>), ossia lasciando libere di incontrarsi la domanda e l’offerta di lavoro. Dalle trasformazioni economiche ottocentesche, tuttavia, scaturirono grandi sconvolgimenti sociali, a cominciare dalla nascita di una nuova classe sociale, quella operaia, le cui condizioni di lavoro e di reddito erano disumane. L’uguaglianza dichiarata dalla Rivoluzione francese, infatti, era concepita in termini esclusivamente formali: si proclamava che ciascun cittadino era uguale di fronte alla legge, ma non si metteva minimamente in discussione un ordine sociale il cui fulcro continuava ad essere il diritto di proprietà. La drammatica situazione che si era venuta a creare, quindi, poneva al primo posto dell’attenzione dei governi la <<questione sociale>>.