Con il contratto di lavoro il prestatore assume l’obbligo di fedeltà al datore di lavoro, cioè l’obbligo di prendersi cura degli interessi del datore di lavoro, astenendosi da comportamenti che possano pregiudicarli.
L’obbligo di fedeltà è sancito dall’ art. 2105 del Codice Civile e pone in capo al lavoratore due distinti obblighi di non fare:
- divieto di concorrenza
Infatti è divieto al lavoratore di trattare affari, per conto poprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore. E’ un divieto che sussiste limitatamente alla durata del rapporto e si estingue con la cessazione di questo.
Però le parti possono stipulare un patto di non concorrenza, in forza del quale il lavoratore si obbliga a non svolgere attività concorrenziali con quelle del datore di lavoro, per un determinato periodo successivo alla fine del rapporto di lavoro. Tale patto è previsto dall’art. 2125 del Codice Civile che prevede la sua nullità se non risulta da attoscritto, se non è stato stabilito un corrispettivo a favore del lavoratore, se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo. La durata del vincolo non può essere superiore a 5 anni per i dirigenti e a 3 anni negli altri casi. Pertanto se è stata pattuita una durata maggiore si riduce a queste misure.
- obbligo di riservatezza
L’art. 2105 del Codice Civile, inoltre, fa divieto al lavoratore di divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa o di farne uso in modo da poter recare all’impresa pregiudizio.
L’obbligo di riservatezza sussiste anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, per il tempo in cui sia ragionevole mantenere la segretezza.
Va ricordato che analoghi divieti sono presenti anche per il lavoratore assunto contratto di lavoro a progetto.