Gli enti pubblici

Inizialmente gli enti pubblici erano esclusivamente quelli territoriali. Successivamente si sono sviluppati gli enti pubblici funzionali, cioè quelli che curano un singolo interesse pubblico o comunque un insieme limitato di interessi pubblici.

Gli enti pubblici territoriali, espressamente citati nell’art.114 della Costituzione, sono oggi oggetto di studio del diritto costituzionale, pertanto la nostra attenzione si volge ora agli enti pubblici funzionali, che si distinguono in enti pubblici economici ed in enti pubblici non economici.

  • Gli enti pubblici economici sono persone giuridiche che gestiscono imprese, in via esclusiva o principale. Apparteneva a questa categoria Ferrovie dello Stato. Gli atti che adottano non sono provvedimenti amministrativi ma atti negoziali; il rapporto di lavoro è privatistico e le relative controversie sono, di norma, decise dal giudice ordinario. Oggi questa figura organizzativa è entrata in crisi. Si sono infatti presentati problemi di incompatibilità con l’art 107 TFUE che vieta gli aiuti di stato idonei ad alterare la concorrenza, nonché con l’art.106 TFUE che impone il rispetto delle regole della concorrenza anche alle imprese che gestiscono servizi di interesse generale. Così, oggi, la figura dell’ente pubblico economico è quasi scomparsa, e ne rimangono esempi limitati come gli enti portuali o i consorzi di bonifica.
  • Gli enti pubblici non economici sono quelli più rilevanti per il diritto amministrativo. Sono persone giuridiche di diritto pubblico, disciplinate da norme derogatorie rispetto alle regole civilistiche su associazioni, fondazioni e società.

Non è sufficiente, ai fini della qualificazione di ente pubblico economico, il perseguimento di u fine pubblico, ma occorrono, secondo la giurisprudenza, anche la titolarità di poteri autoritativi, l’istituzione da parte dello Stato, la percezione di contribuiti pubblici e l’assoggettamento al controllo di pubblici poteri.

Il governo o i singoli ministri hanno di regola il potere di nomina dei titolari degli organi di vertice degli enti. Dopo la nomina però vale una larga autonomia, salvi i poteri di vigilanza del Presidente del Consiglio o dei singoli ministri

 

Le società in partecipazione pubblica

Si tratta di un’impresa gestita da soggetti pubblici. In precedenza vi erano state altre forme, come l’amministrazione autonoma dello Stato oppure l’ente pubblico economico. In seguito si sono affermate le società in partecipazione pubblica. Ad esempio Poste Italiane ha attraversato tutte queste fasi.

Dagli anni Venti diviene prevalente la figura della società in partecipazione pubblica, venendo a costituite la principale manifestazione del cosiddetto stato imprenditore.

La svolta si è avuta dopo la crisi del 1929 con l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), costituito per procedere all’acquisto delle azioni detenute dalle banche ed al risanamento delle società di cui era divenuto azionista; successivamente inizia ad acquisire azioni di imprese operanti in vari settori economici.

Nel 1956 il sistema si è consolidato con l’istituzione dell’apposito ministero delle partecipazioni statali. Il Ministro era formalmente al vertice del sistema. In realtà l’elaborazione delle direttive partiva dal basso per poi essere formalmente adottate dal ministero. Il ministero viene soppresso nel 1993, ma questa figura organizzativa rimane in piedi, anzi si diffonde anche a livello regionale e comunale per la gestione di servizi pubblici locali (si pensi ad ACEA).

In sostanza la società in partecipazione pubblica è una persona giuridica di diritto privato, regolata essenzialmente dalle norme del codice civile. Vi sono però diverse deroghe al sistema civilistico.

Ad esempio lo statuto può prevedere la cosiddetta golden share, un’azione che ha come titolare il ministro di riferimento, e comporta poteri rilevanti come il diritto di veto del ministro su acquisizioni azionarie considerate inopportune.

Secondo la Corte di Giustizia, la golden share è in contrasto con l’art.63 TFUE che vieta agli Stati di porre limiti alla circolazione dei capitali. Gli stati hanno reagito stabilendo limitazioni, ma la golden share non è scomparsa.

Con un decreto del 2012 il legislatore ha introdotti i cosiddetti golden powers, cioè poteri straordinari (oppostivi, prescrittivi ed interdittivi) esercitabili dal governo in caso di operazioni straordinarie riguardanti società che svolgono attività di rilevanza strategica per difesa e sicurezza, nonché quelli che detengono beni rilevanti per energia, trasporti e comunicazioni.

Si prevedono comunque altre forme di controllo del ministero sulle società in partecipazione pubblica. Talvolta tali controlli sono contrattualizzati, nel senso che vengono stipulati contratti di programma tra impresa e ministro che stabiliscono l’ambito e le modalità della vigilanza governativa.

Il controllo della Corte dei Conti vale finché la partecipazione pubblica è prevalente.

Le società in partecipazione pubblica integrale sono considerate da una certa giurisprudenza come enti pubblici. Ne sono derivate importanti conseguenze come la sottoposizione a controlli pubblici più penetranti.

Ad ogni modo la partecipazione pubblica integrale comporta molti vantaggi competitivi.

Le società interamente partecipate da enti locali possono infatti ricevere affidamenti di servizi pubblici senza gara: è il cosiddetto affidamento in house. A tale affidamento si ricorre però solo nei casi in cui il valore economico del servizio non supera una determinata soglia.

La legge 124 ha tentato di riordinare la disciplina delle partecipazioni pubbliche, definendo i limiti per l’assunzione ed il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche. Si è previsto inoltre che le deroghe al codice civile devono essere necessarie ed adeguate, garantendo la concorrenza.

Un decreto legislativo del 2016 ha precisato i confini entro i quali le amministrazioni pubbliche possono costituire società o acquisire e mantenere partecipazioni in società. Deve trattarsi di società per azioni a responsabilità limitata che svolgono attività strettamente necessarie per il perseguimento di finalità istituzionali delle amministrazioni, in particolare volte alla produzione di servizi di interesse generale.

Si prevede inoltre che amministratori e dipendenti delle società a partecipazione pubblica siano soggetti alle azioni di responsabilità previste nel codice civile; resta salva la giurisdizione della Corte dei conti solo in caso di danno erariale causato da amministrazioni e dipendenti delle società in house.