L’art.75 comma 1 del Testo Unico disciplina una serie di condotte (importazione, esportazione, acquisto, ricezione e detenzione) che, se finalizzate all’uso personale della sostanza stupefacente, integrano un mero illecito amministrativo. Tra queste condotte non è inclusa, come vedremo, la coltivazione non autorizzata di piante dalle quali si estraggono sostanze stupefacenti.

La norma poi indica i cosiddetti elementi sintomatici da tenere in considerazione per l’accertamento della destinazione ad uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente: come ad esempio la quantità, la modalità di presentazione o le circostanze dell’azione.

Particolare importanza, tra questi elementi sintomatici, è assegnata al superamento dei limiti quantitativi massimi di principio attivo ricavabile dalla sostanza, limiti indicati con decreto del ministero della salute. Ad ogni modo, come ribadito più volte dalla Cassazione, il mero superamento dei limiti non è necessariamente indicativo della destinazione della sostanza ad uso non personale, dovendo il giudice valutare se altre circostanze siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione.

Penalmente sanzionata, anche se finalizzata all’uso personale, è invece la condotta di coltivazione di sostanze stupefacenti. L’attività di coltivazione è infatti posta dal legislatore, nell’art.73, quale prima condotta nell’elenco delle condotte penalmente sanzionate.

L’art.75, nell’indicare le condotte che, se finalizzate all’uso personale, possono integrare un mero illecito amministrativo, non cita l’attività di coltivazione, ma ci si chiede se essa non possa essere inclusa nell’espressione “comunque detiene”. Le Sezioni Unite però hanno risposto in senso negativo, ribadendo che la coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti è un reato anche se finalizzata all’uso personale.

In effetti la coltivazione, a differenza della mera detenzione, accresce il quantitativo di stupefacente presente sul mercato, risultando maggiormente pericolosa rispetto al bene giuridico della salute collettiva, e giustificando quindi la rilevanza della finalità dell’uso personale.

Ci si è chiesti, infine, se la detenzione dello stupefacente “autoprodotto” renda non punibile la condotta di coltivazione, assorbendosi l’illecito penale della coltivazione nell’illecito amministrativo della detenzione per uso personale.

Secondo la Corte Costituzionale tale assorbimento non si verifica: anzi, al contrario, è casomai l’illecito amministrativo a venire assorbito nell’illecito penale, giacché la disponibilità del prodotto è semplicemente la fase conclusiva della coltivazione stessa, ossia la raccolta; oppure semplicemente la detenzione della sostanza autoprodotta va letta come un post factum non punibile, in quanto ordinario sviluppo della condotta penalmente rilevante.

Ad ogni modo va segnalato che se la condotta di coltivazione risulta in concreto inoffensiva, perché inidonea a mettere in pericolo il bene giuridico protetto, è esclusa la punibilità dell’agente. Il reato quindi non si configura se la quantità è di minima entità, tale da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa. L’offensività va considerata accertando l’attuale potenzialità lesive della pianta, senza fare riferimento alla futura ed eventuale capacità di mettere in pericolo il bene tutelato.