Il bene dell’incolumità individuale, per la sua importanza primaria, trova ampia tutela nel codice penale (Libro II, titolo XII, capo I): tale tutela è costruita essenzialmente sulla figura delle lesioni personali, ma è completata da figure minori come percosse e rissa.
La tutela del bene dell’incolumità individuale si è per lungo tempo retta sulla ampia graduazione delle pene edittali proporzionalmente rapportata agli esiti lesivi. Nel tempo questo schema iniziale è cambiato, andando a toccare anche la questione della competenza giurisdizionale che, per molti di questi reati (lesioni lievissime, lesioni colpose…) è passata al giudice di pace, puntando sul risarcimento del danno piuttosto che sulla punizione del colpevole.
Art.581. Percosse: “Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro. (2) Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante del reato”.
Il legislatore disciplina come prima figura quella delle percosse: da segnalare è innanzitutto il discrimine rispetto al reato di lesioni personali, incentrato sulla mancata verificazione di una malattia nel corpo o nella mente. In sostanza, mentre la fattispecie di percosse costituisce un reato di pura condotta, la lesione personale si configura come reato d’evento, essendo necessario per la sua concretizzazione il prodursi di una malattia nel corpo o nella mente.
Il reato di percosse è integrato dal compimento di azioni o gesti con un apprezzabile carattere di violenza oggettivamente idonea a provocare una sensazione dolorosa sul corpo altrui.
Di conseguenza, riguardo all’elemento soggettivo, occorre la coscienza e la volontà di porre in essere una condotta violenza capace di cagionare dolore al soggetto passivo.
Il delitto di percosse è punibile solo a querela della persona offesa.