Dalla corte costituzionale risulta un solo carattere essenziale del nostro sistema di giustizia costituzionale: cioè quello consistente nella natura accentrata dei relativi giudizi. Per un primo verso, infatti, sono rimasti isolati coloro che osteggiavano la stessa introduzione della giustizia in esame, nel timore che il controllo così esercitato dovesse rivelarsi incompatibile con la “sovranità” degli organi centrali di governo. Per un secondo verso, non ha trovato seguito la tesi del sindacato diffuso, esercitatile da qualunque giudice nell’ambito della sua giurisdizione.
Entrambe le proposte alternative furono respinte, sia perché si volle istituire un giudice diverso, sia perché i giudizi della corte sono profondamente dissimili da quelli attribuiti ai giudici comuni. Con questo fondamento si sarebbe addirittura potuto dubitare della natura giurisdizionale della corte. Ma ciò non toglie che sia dominante in giurisprudenza e in dottrina la qualificazione della corte come un particolarissimo tipo di autorità giurisdizionale.
I tratti distintivi della giurisdizione costituzionale non sono stati, però, fissati dalla costituzione; e la materia non è stata regolata che in modo assai sommario dalla stessa legge costituzionale 9 febbraio 1948 n.1. Ma le indicazioni contenute in questo atto bastano a far intendere: primo, che le leggi e gli atti equiparati sono impugnabili tanto in via incidentale quanto in via principale; secondo, che le eventuali dichiarazioni d’illegittimità costituzionale, efficaci erga omnes in base all’art. 136 Cost., non possono non retroagire.
Tuttavia, le scarne disposizioni di questa legge non erano sufficienti per consentire l’immediato avvio della giustizia costituzionale; ed occorsero altri cinque anni perché fosse promulgata la legge 11 marzo 1953, accompagnata dalla contemporanea legge costituzionale n.1 del 1953. Al contrario, ha predominato in dottrina e in giurisprudenza la tesi che il sindacato potesse investire anche i vizi sostanziali, concernenti i contenuti normativi delle leggi stesse.
Quanto alle norme legislative preesistenti alla costituzione, ciascun giudice è stato perciò chiamato a valutare se le norme costituzionali ne avessero operato una “abrogazione implicita”; quanto invece alle leggi sopravvenute dopo il 1° gennaio 1948, anch’esse sono state sindacate in vista di una loro eventuale disapplicazione.
Nel medesimo tempo, però, in luogo della corte costituzionale funzionò anche un altro giudice del tutto speciale; cioè l’alta corte per la regione siciliana. All’alta corte spettava giudicare “sulla costituzionalità delle leggi emanate dall’assemblea regionale”. Ma l’entrata in funzione della corte comportò, immediatamente o quasi subito, la concentrazione di tutti i giudizi di legittimità costituzionale in capo alla corte medesima.