Oltre alle consuetudini, tra le fonti-atto possono farsi rientrare anche le leggi ed altri atti costitutivi di ordinamenti esterni a quello italiano: purché si riscontri che determinate fonti del nostro diritto rimandano alle fonti degli ordinamenti medesimi. Più precisamente i rapporti fra l’ordinamento statale italiano ed altri ordinamenti sovrani o comunque originari si concretano a volte per mezzo di rinvii ricettivi o “materiali” o “fissi” attraverso i quali disposizioni normative interne si appropriano delle norme dettate da fonti straniere già in vigore.
Altre volte però il collegamento fra gli ordinamenti stessi viene effettuato mediante rinvii formali o “mobili” con cui si rendono applicabili da parte dei giudici italiani tutte le norme prodotte da fonti dei detti ordinamenti esterni. In quest’ultimo caso gli atti normativi stranieri ed i loro disposti non vengono affatto “nazionalizzati”; ma piuttosto si trasformano in fatti automaticamente e continuativamente produttivi di diritto, attraverso la mediazione del richiamo operato dalle nostre leggi.
Tale è la sistemazione spettante al cosiddetto diritto internazionale provato ed alle leggi straniere chiamate da esso a regolare i rapporti in questione: così risolvendo i conflitti o le “collisioni” che altrimenti si verificherebbero fra le norme interne e le norme di altri stati. Qui pure si è ragionato talvolta di “nazionalizzazione” sostenendo che le disposizioni di rinvio ponessero altrettante “norme in bianco”, destinate ad assumere i contenuti mano a mano risultanti dalle fonti richiamate.
Ma una ricostruzione del genere è stata per lo più considerata artificiosa; e si è preferito ritenere che le fonti stesse rappresentino appunto una serie di fatti, utilizzati ai fini del diritto applicabile in Italia. Beninteso però rimane fermo che le norme del diritto internazionale privato fungano pur sempre da indispensabile tramite: il che basta a soddisfare la fondamentale regola in virtù della quale il parlamento italiano detiene, di massima, il monopolio della legislazione statale. Per un altro verso le leggi straniere così richiamate non vanno applicate se i loro effetti “sono contrari all’ordine pubblico”. Vero è che il limite dell’ordine pubblico viene variamente inteso.