Dal punto di vista oggettivo, la tutela comprende tutti gli infortuni avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro da cui sia derivata la morte, l’inabilità al lavoro, permanente o temporanea, oppure la lesione all’integrità psico-fisica suscettibile di valutazione medico legale (cd. danno biologico). Per causa violenta, deve intendersi una causa che agisce con rapidità , concentrazione e intensità sull’organismo del soggetto protetto, anche se gli effetti patologici si producono a distanza di tempo. Invece, l’occasione di lavoro ricorre ogniqualvolta lo svolgimento dell’attività lavorativa determini l’esposizione del soggetto protetto al rischio dell’infortunio.
Ne consegue che l’infortunio deve ritenersi avvenuto in occasione di lavoro tutte le volte in cui la condotta del lavoratore sia in rapporto finalistico-strumentale con la prestazione lavorativa e, cioè, quando il rischio che ha determinato l’infortunio, a prescindere dalla sua intensità , venga affrontato, in modo necessitato, per finalità lavorative. L’eventuale colpa del lavoratore collegata all’esecuzione della sua prestazione lavorativa non esclude il nesso occasionale che deve intercorrere tra il lavoro e l’infortunio. Per contro, quel nesso è escluso nell’ipotesi di dolo del soggetto protetto, in ordine sia al verificarsi dell’infortunio, che all’aggravamento della lesione.
Inoltre, il requisito dell’occasione di lavoro è escluso anche quando l’infortunio consegue ad un comportamento del soggetto protetto che non può essere considerato adempimento dell’obbligazione di lavoro (cd. rischio elettivo). Ciò accade quando il lavoratore, per ragioni personali non inerenti alle modalità ed esigenze di svolgimento della prestazione lavorativa, affronti un rischio diverso da quello cui sarebbe stato assoggettato se a tali modalità ed esigenze si fosse regolarmente attenuto. Peraltro, la legge tutela anche l’infortunio in itinere e, cioè, l’infortunio occorso durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, o dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, se il datore di lavoro non ha predisposto un servizio di mensa aziendale, o, infine, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più rapporti di lavoro.
L’infortunio in itinere non è, però, indennizzabile nel caso in cui esso sia occorso in dipendenza di una interruzione o deviazione del percorso che risultino del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, ossia non dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’utilizzo del mezzo di trasporto privato è consentito soltanto se necessitato, e cioè quando il percorso non è servito da mezzi di trasporto pubblici. In questa ipotesi, la tutela è esclusa se l’infortunio è determinato dall’abuso di alcolici e psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni, nonché quando il conducente è sprovvisto della prescritta abilitazione di guida.
Desta, infine, qualche perplessità la scelta del legislatore di estendere la tutela dell’infortunio in itinere soltanto alle persone assicurate, in quanto tutti i lavoratori, a prescindere dalla tipologia di attività svolta, sono ugualmente esposti al rischio della strada. Diverso e più ristretto è, infine, l’ambito di applicazione della tutela per le malattie professionali. Apposite tabelle, infatti, individuano in modo tassativo le malattie che sono considerate professionali in quanto contratte nell’esercizio e a causa di specifiche lavorazioni, anche esse tassativamente elencate nelle medesime tabelle.
Tuttavia, dopo il decisivo intervento della Corte Costituzionale, la tutela è stata estesa anche a malattie e lavorazioni non comprese nelle tabelle, purché si tratti di malattie di cui sia comunque provata l’origine professionale. Dunque, a differenza di quanto accade per gli infortuni sul lavoro, la legge richiede che il lavoro costituisca non già soltanto l’occasione, ma la causa diretta e determinante della malattia professionale. Il diritto alla prestazione previdenziale, peraltro, sorge anche quando la malattia si manifesti a distanza di tempo dall’abbandono della lavorazione considerata morbigena.