Coerentemente con i presupposti della privatizzazione, sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro pubblico, incluse quelle che hanno ad oggetto l’assunzione, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto. Stante la natura negoziale degli atti di gestione del rapporto adottati dall’amministrazione, queste controversie riguardano diritti soggettivi, suscettibili di una tutela piena ed effettiva nell’ambito di un giudizio in cui la condotta dell’amministrazione non è sindacata sulla base dei criteri utilizzati per individuare i vizi dell’atto amministrativo, ma alla luce dei principi civilistici in materia di adempimento delle obbligazioni, ad iniziare dai criteri di buona fede e correttezza.
A conferma di ciò, è espressamente previsto che il giudice adotta, nei confronti delle P.A., tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione, ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro. Ove ai fini della decisione assuma rilievo un provvedimento amministrativo presupposto all’atto privatistico di gestione del rapporto di lavoro, il giudice ordinario può disapplicarlo se illegittimo.
Ed anche la impugnazione di quel provvedimento davanti al giudice amministrativo non è causa di sospensione del processo pendente dinanzi al giudice ordinario. La giurisdizione del giudice ordinario si estende anche alle controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni e alle controversie relative alle procedure di contrattazione collettiva disciplinate dal decreto legislativo 165 del 2001. Restano, invece, devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative ai rapporti di lavoro cd. non contrattualizzati (magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e prefettizia), nonché le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione.
La riserva del giudice amministrativo in materia concorsuale è limitata alle fasi procedimentali sino alla approvazione della graduatoria finale, a seguito della quale l’amministrazione non è più titolare di poteri autoritativi e discrezionali, e il dipendente vanta un diritto soggettivo all’assunzione, tutelabile davanti al giudice ordinario. Nel caso, però, in cui l’amministrazione, successivamente alla approvazione della graduatoria, non proceda all’assunzione e decida, invece, di coprire i posti messi a concorso ricorrendo ad una diversa procedura, si ritiene che la controversia investa l’esercizio di un potere pubblicistico, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, tutelabile unicamente avanti al giudice amministrativo.
La giurisprudenza ha altresì chiarito che la giurisdizione del giudice amministrativo si estende ai concorsi “interni” per il passaggio da un’area di inquadramento all’altra, ma non alle procedure selettive per il passaggio da una posizione economica ad altra superiore nell’ambito della stessa area di inquadramento, che sono di competenza del giudice ordinario. Il legislatore ha, infine, stabilito regole particolari per la definizione delle questioni relative all’efficacia, alla validità e all’interpretazione dei contratti collettivi nazionali del settore pubblico, finalizzate a ridurre il contenzioso su quelle questioni, affidandone l’uniforme definizione, in prima battuta, alle parti firmatarie del contratto collettivo e, in seconda battuta, alla Corte di Cassazione.
In particolare, è previsto che, quando è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non prima di 120 giorni e dispone la comunicazione degli atti di causa all’ARAN. Entro 30 giorni da quella comunicazione, l’ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo sull’interpretazione autentica (in caso di questione interpretativa) ovvero sulla modifica (in caso di questione di validità o efficacia) della clausola controversa.
In caso di accordo, il giudice è tenuto ad uniformarsi, senza la necessità del consenso delle parti del giudizio. L’accordo sull’interpretazione autentica del contratto collettivo assolve ad una funzione nomofilattica ed è, quindi, previsto che esso venga pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Se non interviene l’accordo, il giudice deve decidere con sentenza sulla questione pregiudiziale, adottando distinti provvedimenti per la prosecuzione della causa. La sentenza sulla questione pregiudiziale è impugnabile solo con ricorso per cassazione, la cui proposizione determina la sospensione del processo di merito.
La finalità deflattiva è perseguita anche da due ulteriori disposizioni: da un lato, in pendenza del giudizio di cassazione sulla questione pregiudiziale, può essere sospeso ogni processo di merito la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi; dall’altro, una volta che la Corte di Cassazione abbia risolto una questione sulla validità , efficacia o interpretazione del contratto collettivo, ogni giudice di merito che intendesse, successivamente, risolvere diversamente la medesima questione è tenuto a procedere decidendo separatamente la questione relativa al contratto collettivo, con sentenza impugnabile solo con ricorso per cassazione.