Il datore di lavoro, se è libero di individuare le dimensioni della sua organizzazione di lavoro e di ridurre il numero dei dipendenti occupati, non lo è affatto per quanto riguarda l’individuazione dei singoli lavoratori destinatari del provvedimento di licenziamento. Tale individuazione, infatti, presuppone una comparazione ed una selezione tra tutti i lavoratori occupati, le quali devono avvenire, “in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale”, nel rispetto dei criteri previsti dall’accordo sindacale eventualmente stipulato nel corso della procedura sindacale, ovvero, in mancanza di accordo, dei criteri stabiliti dalla legge.

I criteri stabiliti dalla legge, di applicare “in concorso tra loro”, sono: i carichi di famiglia, le anzianità e le “esigenze tecnico-produttive ed organizzative”. Il duplice richiamo alle “esigenze tecnico-produttive ed organizzative” deve essere inteso nel senso che tali esigenze rilevano una prima volta, a monte, per individuare l’ambito aziendale ove deve essere effettuata la riduzione. Tale ambito, infatti, può riguardare l’intero complesso aziendale, o soltanto singole unità produttive o singole tipologie di attività; in tal caso, la selezione dei lavoratori da licenziare può essere circoscritta al personale occupato nelle unità produttive o nelle attività individuate in base alle predette esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

Una volta individuato l’ambito della selezione, le esigenze tecnico-produttive e organizzative rilevano, una seconda volta, in “concorso” con i carichi di famiglia e l’anzianità di servizio, come criteri per scegliere quali lavoratori licenziare tra quelli occupati in quell’ambito. La legge non stabilisce, tuttavia, come debba operare il “concorso” tra tali criteri e, in particolare, non chiarisce il rilievo, che possa o debba essere attribuito a ciascuno di essi. E da ciò deriva, in tutti i licenziamenti collettivi, un imponente contenzioso, che supera i caratteri del fisiologico.

I criteri legali, comunque, hanno carattere suppletivo, poiché non si applicano quando nel corso della procedura sia stato raggiunto un accordo sindacale che regoli anche i criteri di scelta. L’accordo sindacale può stabilire di dare rilevanza solo ad uno o all’altro dei criteri legali, ovvero stabilire criteri diversi, tenendo conto della specifica situazione aziendale e delle caratteristiche del personale occupato. Non può, però, né individuare direttamente i nominativi dei lavoratori da licenziare, né prevedere criteri così specifici da essere, comunque, riferibili esclusivamente a nominativi predeterminati.

Frequente è il riferimento al criterio del possesso dei requisiti di età e di contribuzione previsti per il trattamento pensionistico, che è stato ritenuto legittimo in quanto è ragionevolmente diretto ad individuare i lavoratori da licenziare tra quelli che avranno la possibilità di continuare a percepire un reddito piuttosto che tra quelli che correrebbero il rischio di rimanere senza alcuna fonte di sostentamento. In ogni caso: il datore di lavoro non può licenziare una percentuale di lavoratrici superiore alla percentuale delle lavoratrici occupate con riguardo alle mansioni prese in considerazione; il licenziamento comunicato al disabile obbligatoriamente assunto è annullabile nl caso in cui risulti scoperta la quota di assunzioni riservate ai disabili.

Per gestire esuberi di personale senza dover ricorrere a licenziamenti, la legge prevede che, nelle imprese con più di 15 dipendenti, il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possano stipulare accordi volti ad incentivare l’esodo dei lavoratori che maturano il diritto a pensione nei 4 anni successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro. Con tali accordi, il datore di lavoro si impegna a corrispondere al lavoratore una prestazione di importo mensile pari alla pensione che spetterebbe in base alle norme vigenti e a versare all’INPS la relativa contribuzione figurativa fino al raggiungimento dei requisiti minimi per avere diritto a pensione.

Per avere effetto, l’accordo deve essere validato dall’INPS, a cui il datore di lavoro deve presentare apposita domanda, unitamente ad una fideiussione bancaria a garanzia degli obblighi assunti. Sarà, poi, lo stesso INPS ad erogare materialmente la prestazione e ad accreditare la contribuzione figurativa, previo versamento da parte del datore di lavoro della relativa provvista. In assenza di tale versamento, l’INPS non può erogare le prestazioni, dovendo notificare un avviso di pagamento al datore di lavoro.

Trascorsi 180 giorni dalla notifica senza che sia effettuato il pagamento, l’INPS dovrà procedere alla escussione della garanzia fideiussoria. In sostanza, con tale disposizioni, il legislatore, per gestire eccedenze di personale, finisce per reintrodurre i cd. prepensionamenti, sia pure attraverso il coinvolgimento delle parti sociali e senza incidere sul bilancio pubblico.

 

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