I ripetuti episodi di “rottura” dell’unità sindacale, e le frequenti manifestazioni di dissenso collettivo ed individuale nei confronti dei contratti collettivi, hanno posto in crisi i principi dell’autolegittimazione rappresentativa e della pari dignità reciproca su cui era fondato il sistema sindacale “di fatto”, sollecitando le maggiori confederazioni sindacali a prevedere, insieme alla “autoriforma” della rappresentanza in azienda, anche quella delle regole che presiedono alla contrattazione collettiva.

In particolare, il T.U. sulla rappresentanza del 2014 prevede che sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale i sindacati di categoria aderenti alle confederazioni firmatarie che abbiano una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media tra il numero delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori e i voti espressi in occasione delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie. Tuttavia, è stabilito che, ai soli fini previsti dall’articolo 19 della legge 1970, si intendono “partecipanti alla negoziazione” le organizzazioni sindacali che, oltre ad avere raggiunto almeno il 5% di rappresentanza, abbiano contribuito alla definizione della cd. “piattaforma” che ha dato avvio alla negoziazione stessa.

Le parti sociali, inoltre, stabiliscono che i contratti collettivi nazionali di lavoro siano efficaci quando sono sottoscritti da organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 50% più uno dei lavoratori rappresentati, previa “consultazione certificata” di questi ultimi “a maggioranza semplice”. È, altresì, previsto che i contratti così stipulati siano “pienamente esigibili” nei confronti di tutte le organizzazioni sindacali che costituiscono espressione delle confederazioni firmatarie. Per quanto riguarda i contratti aziendali, sono previste due discipline alternative, a seconda del modello di rappresentanza presente in azienda. Nel caso di rappresentanze sindacali unitarie, i contratti sono efficaci ed esigibili se approvati dalla maggioranza dei componenti.

Nel caso, invece, di contratti aziendali sottoscritti dalle rappresentanze sindacali aziendali, è riconosciuta la medesima efficacia solo se le rappresentanze firmatarie sono costituite nell’ambito delle associazioni sindacali nazionali che risultano destinatarie della maggioranza delle deleghe conferite dai lavoratori dell’azienda. È, inoltre, previsto che nel caso in cui ne faccia richiesta un’organizzazione sindacale espressione di una delle confederazioni firmatarie, o almeno il 30% dei lavoratori in azienda, il contratto sottoscritto dalle rappresentanze sindacali aziendali deve essere sottoposto al voto dei lavoratori.

Le nuove regole dettate dalle confederazioni sindacali non sono idonee ad attribuire ai contratti collettivi efficacia erga omnes, potendo tale efficacia derivare esclusivamente da un atto che abbia forza di legge. Ciò nonostante, ove gli adempimenti e le procedure previste dalla nuova disciplina venissero compiutamente realizzati, risulterebbero limiti gli effetti del dissenso da parte di una o più organizzazioni sindacali rispetto al contratto collettivo stipulate da altre.

E non vi è dubbio che è proprio il dissenso di natura sindacale che ha rappresentato negli ultimi anni la causa prevalente delle problematiche legate all’efficacia soggettiva del contratto collettivo. Resta, però, da valutare, nell’esperienza concreta, l’effettivo funzionamento delle nuove regole. Ed infatti, da un lato, l’applicazione di tali regole presuppone una serie di adempimenti, che coinvolgono anche soggetti terzi (quale la convenzione che dovrebbe essere stipulata con l’INPS per la rilevazione del numero delle deleghe).

D’altro lato, va rilevato che, trattandosi di una fonte negoziale, l’effettiva “tenuta” delle nuove regole dipende dalla spontanea accettazione (prima) e osservanza (poi) di quel sistema da parte delle stesse organizzazioni sindacali, e, in particolare, dei sindacati di categoria, mancando, allo stato, efficaci sanzioni irrogabili a carico delle strutture che rifiutino di impegnarsi al rispetto del Protocollo o che, pur dopo essersi impegnati, lo violino. Infine, l’organizzazione sindacale che non assume in proprio l’impegno di rispettare le nuove regole resta libera di contestare l’esigibilità del contratto collettivo stipulato dagli altri sindacati e, in sostanza, di promuovere le conseguenti azioni di contrasto.

Anche l’organizzazione che, invece, si sia impegnata a rispettare quelle regole, potrebbe successivamente sottrarsi alla loro applicazione, invocando la facoltà di recesso riconosciuta in via generale dall’ordinamento nei confronti dei vincoli negoziali assunti a tempo indeterminato.

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