A stretto ridosso dell’entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, tuttavia, si è aperta una nuova fase della legislazione ancora in corso. Ciò che caratterizza la nuova fase è il mutamento della situazione socio-economica. Il progressivo allentamento delle “barriere” giuridiche poste a protezione dei mercati nazionali, unitamente ai progressi scientifici e tecnologici che favoriscono il superamento delle “barriere” geografiche, hanno realizzato un effettivo mercato globale che, grazie alla libertà di circolazione assicurata alle merci, ai servizi e ai capitali, sfugge ai diritti nazionali del lavoro.

Quel mercato, peraltro, si è dotato di regole proprie ed istituzioni volte ad assicurarne l’autonomo ed efficiente funzionamento, dando vita alla c.d. lex mercatoria e creando l’Organizzazione mondiale del commercio. Organizzazione che obbliga gli stati aderenti ad aprire le proprie frontiere commerciali, e dispone, per la repressione delle violazioni, di un incisivo apparato sanzionatorio e di un organo giurisdizionale per la risoluzione delle controversie.

La globalizzazione dell’economia compromette la efficacia regolatoria dei diritti nazionali del lavoro, sia perché le imprese di altri paesi possono sottrarre porzioni di mercato, riducendo l’occupazione e la ricchezza disponibile, sia perché gli stessi capitali nazionali possono operare altrove alla ricerca di investimenti più redditizi, anche in tal modo depauperando le opportunità di lavoro e le risorse distribuibili a livello nazionale.

Con un’ulteriore sintesi, si può affermare che la globalizzazione dei mercati subordina la sopravvivenza delle imprese, e il grado di sviluppo dell’intero sistema produttivo, alla condizione della loro competitività. Inevitabilmente, le conseguenze di ciò sono state avvertite da tutte le economie nazionali, sia pure con intensità diversa. I sistemi nazionali di protezione del lavoro, soprattutto quelli più evoluti, sono entrati, così, in una profonda fase di crisi e ripensamento, che mette in discussione forme ed intensità di tutele che erano considerate acquisite in modo irreversibile e, più in generale, mette in discussione l’ampiezza del campo di azione dello Stato sociale e delle sue forme di intervento. I legislatori nazionali, pur cercando di conservare livelli di benessere e conquiste realizzate, si sono visti costretti a ricercare nuove forme per realizzare gli obiettivi di protezione del lavoro.

 

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