Statuendo che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere”, l’art. 70 Cost. con definisce ma presuppone il concetto di legislazione. I soli punti fermi consistono in ciò: che le leggi ordinarie dello Stato sono gerarchicamente subordinate alla Costituzione ed alle leggi costituzionali; e che tuttavia, anch’esse dispongono di una competenza generale, sebbene più circoscritta di quella propria delle leggi costituzionali.

Dubbio e controverso rimane il rapporto fra legislazione statale ordinaria e Costituzionale. Ma l’opinione prevalente è invece nel senso che la legislazione ordinaria abbia un carattere libero. Quelli risultanti dalla Costituzione sono, in altri termini, divieti o limiti negativi, nell’ambito e nell’osservanza dei quali le opzioni legislative ordinarie rappresentano il frutto di valutazioni politiche, insindacabili da parte della stessa Corte costituzionale.

Altro è il problema se la Costituzione presupponga un determinato concetto di “funzione legislativa”, da intendere come funzione normativa esplicata dal Parlamento; questa tesi sostiene l’implicito divieto di adottare leggi-provvedimento, che avrebbero carattere amministrativo anziché costitutivo dell’ordinamento giuridico, fuori dalle ipotesi in cui leggi del genere sono espressamente ammesse dalla Costituzione.

Significativo è l’indirizzo seguito sul punto dalla Corte costituzionale, che non definisce la funzione legislativa “nel senso che essa consista esclusivamente nella produzione di norme giuridiche generali ed astratte”; e viceversa consente l’adozione di leggi-provvedimento, ogniqualvolta ricorrano “particolari situazioni di interesse generale”, soggette alla “valutazione politica” del potere legislativo. Giuridicamente le leggi-provvedimento non possono nemmeno contrapporsi alle cosiddette leggi-norma, dal momento che anch’esse costituiscono fonti del diritto.

In verità con tutto questo rimane inconcepibile un “ordinamento che non abbia un certo grado di stabilità e permanenza nel tempo”: il che vale ad escludere che la formazione di un ordinamento giuridico propriamente detto possa essere interamente affidata ad “una somma seriale di precetti individuali, esaurentisi ciascuno una tantum”. Ma ne consegue soltanto che le cosiddette leggi-norma debbono pur sempre comporre l’ossatura del diritto oggettivo.

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