Il trattamento di fine rapporto è la retribuzione differita che viene pagata al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Per i rapporti che hanno avuto origine prima del 31 maggio 1982 si applica, per il periodo antecedente, l’indennità di anzianità, sostituita dal trattamento di fine rapporto per il periodo successivo.
L’indennità di anzianità, tipica retribuzione differita si determina moltiplicando l’ultima retribuzione per gli anni di servizio.
Determinazione della retribuzione mensile. Il trattamento di fine rapporto si determina mediante l’accantonamento di una retribuzione mensile per ogni anno di servizio; l’importo della retribuzione mensile si ottiene dividendo per 13,5 la retribuzione dovuta nel corso dell’anno (13,5 sta a significare il numero delle retribuzioni conferite nel settore metalmeccanico). Per retribuzione dovuta s’intende quella imputabile all’anno in considerazione. Nella retribuzione dovuta annualmente vengono compresi anche i periodi di sospensione della prestazione e di cassa integrazione, considerandosi la retribuzione che sarebbe stata corrisposta in caso di svolgimento della prestazione e non le indennità percepite per la sospensione della prestazione lavorativa o per la contrazione dell’attività aziendale.
Nella retribuzione dovuta non vengono comprese le voci meramente occasionali, intendendo per tali quelle occasionali non in ragione del tempo, perché conferite una tantum, come lo straordinario non continuativo, ma in ragione del titolo, conferite al di fuori del contratto di lavoro, come potrebbe essere l’indennità per una trasferta straordinaria.
La rivalutazione. La somma così determinata viene accantonata al 31 dicembre di ciascun anno; alla stessa data è rivalutata la somma accantonata l’anno precedente. La rivalutazione riguarda anche le somme accantonate negli anni precedenti ed ogni anno rivalutate, compresa l’indennità di anzianità. I criteri per la rivalutazione sono due, uno fisso, 1’1,5 ed uno mobile, il 70% della rivalutazione secondo i dati Istat del rincaro della vita.
Si è detto che il trattamento di fine rapporto, come l’indennità di anzianità, è una retribuzione differita, in quanto l’accantonamento è soltanto una modalità di determinazione; il lavoratore non può chiedere, prima della cessazione del rapporto, il pagamento del TFR precedentemente accantonato e rivalutato.
Il lavoratore avente diritto, quello con otto anni di anzianità, può chiedere un’anticipazione, fino al 70% della somma accantonata, per: a) cure mediche straordinarie, comprese, oltre le protesi dentarie, ecc., quelle, anche se erogate dal servizio sanitario nazionale, che il lavoratore può ricevere, con maggiore vantaggio, presso strutture sanitarie di altri paesi; b) l’acquisto di una prima casa per lui o per un figlio, compreso un mutuo per un futuro acquisto; c) assistenza a un minore con meno di otto anni, in base alla L. 53/2000.
I limiti. L’anticipazione, cui non sono tenuti i datori che abbiano messo l’anno precedente lavoratori in cassa integrazione o abbiano licenziato per riduzione di personale, deve essere accordata, con criteri di precedenza che dovrebbero stabilire i contratti collettivi, al 10% degli aventi diritto (lavoratori con otto anni di servizio) e al 4% di tutti i dipendenti.
L’indennità a causa di morte. Nel caso di morte del lavoratore in servizio, il trattamento di fine rapporto, insieme all’indennità di preavviso viene conferita ai superstiti, iure proprio, intendendosi per superstiti i parenti entro il terzo grado ed gli affini entro il secondo. L’acquisizione iure proprio comporta l’esclusione di tasse di successione e la possibilità che i creditori del lavoratore defunto possano rivalersi sulla somma in cui consiste l’indennità a causa di morte.
La ripartizione tra i superstiti avviene secondo l’accordo dagli stessi raggiunto; nel caso di mancato accordo viene stabilita dal giudice, sulla base del criterio del maggior bisogno.