L’art.36 cost. richiede che la retribuzione sia proporzionata alla quantità e qualità del lavoro ed in ogni caso sufficiente a garantire al lavoratore ed alla famiglia di lui un’esistenza libera e dignitosa.
Il principio della proporzione è una conferma della natura di corrispettivo della retribuzione che viene determinata in considerazione del costo della forza lavoro, tenendo conto delle esigenze di mantenimento del lavoratore e della famiglia, anche per la conservazione della forza lavoro, e del costo della formazione professionale. Nel passato si riteneva che dal principio della proporzione potesse desumersi anche quello della parità di trattamento; oggi si ritiene che la retribuzione possa essere differenziata per zone geografiche ed anche per età, per esigenze di flessibilizzazione ai fini di favorire l’occupazione o anche a favore di un solo lavoratore, come nel caso del superminimo individuale escludendosi quindi la parità di trattamento.
Parità di trattamento nel pubblico impiego. Le p.a. sono viceversa tenute a garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, peraltro non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi Questi ultimi possono tuttavia determinare trattamenti accessori collegati con la produttività, individuale o collettiva, considerato l’apporto di ciascun dipendente, l’effettivo svolgimento di attività disagiate, pericolose o dannose per la salute (art. 45 d.Igs. 165/2001).
Resta fermo, tuttavia, il limite dell’art.37 cost., secondo cui a parità di lavoro, ovvero a parità di qualifica, il minore ha diritto alla stessa retribuzione, sempre che una diversificazione non trovi la sua giustificazione in esigenze non soltanto di sviluppo fisico e psichico del minore, con conseguente diverse modalità di svolgimento della prestazione, ma anche di garanzie occupazionali. Il divieto di discriminazione sancito dall’art. 37 cost. riguarda anche la donna, la cui retribuzione, a parità di qualifica, deve essere la stessa.
Il criterio della sufficienza. La retribuzione sufficiente conferisce alla stessa la natura di retribuzione equa, non diretta soltanto a soddisfare le esigenze primarie del lavoratore ma anche a consentire l’esercizio dei diritti fondamentali di libertà, che sarebbero riconosciuti soltanto virtualmente senza una retribuzione che sia tale da soddisfare esigenze anche spirituali, di libertà e dignità.
Il parametro delle tariffe professionali. Il modo attraverso il quale viene determinata la retribuzione proporzionata e, soprattutto, sufficiente è il ricorso ai contratti collettivi, le cui tariffe professionali, a parte i trattamenti preferenziali previsti per alcuni lavoratori, potrebbero essere adottate come parametro della retribuzione imposta dalla norma costituzionale a tutti i datori, anche a quelli non vincolati ai contratti collettivi (Cass. 132/2002, cit.). Poiché le tariffe professionali rappresentano soltanto il parametro di massima, il giudice potrebbe ridurre la stessa retribuzione base ed escludere alcune delle voci retributive integrative, se ritenute non essenziali al fine della determinazione della retribuzione minima.