L’atto con cui viene chiesto l’intervento del giudice per pronunziarsi circa la nullità di un matrimonio è definito petitio; di regola deve essere scritta e prende il nome di libello (cann. 1501, 1503)
(Can.1504) Il libello deve indicare il giudice dinanzi al quale la causa viene introdotta, cosa si chiede (petitum) e il convenuto, deve individuare il capo di nullità ed esporre fatti e prove su cui si basa l’istanza, deve apporre la sottoscrizione dell’attore o del procuratore insieme a data, luogo di residenza e recapito per ricevere gli atti del processo, deve indicare il domicilio o quasi domicilio della parte convenuta.
Il giudice, prima di ammettere il libello deve adoperare tutti i mezzi pastorali possibili per giungere a una convalida del matrimonio o a una riconciliazione fra le parti (can. 1446, 1676).
Il presidente del Tribunale, fallito il tentativo di conciliazione, entro un mese dalla presentazione del libello deve emanare un decreto con cui può ammettere o rigettare la petizione sulla base di un previo esame.
Il libello può essere rigettato se il tribunale è incompetente, se l’attore non è legittimato ad impugnare il matrimonio, se mancano i requisiti previsti dal can. 1504 o se l’istanza appare manifestamente infondata → can. 1505.
Entro dieci giorni è ammesso un ricorso motivato al collegio.
La citazione nel diritto civile è l’atto con cui la parte attrice convoca le altre parti dinanzi al giudice. In diritto canonico è oggetto di un decreto del giudice, che deve essere notificato alle parti a cura del tribunale (can. 1507,1508).
Il decreto di citazione del Presidente o del Ponente deve essere notificato all’attore, al coniuge convenuto e al difensore del vincolo. Agli ultimi due va notificato anche il libello introduttivo del giudizio, che deve essere stato accettato in precedenza con accettazione esplicita (can. 1677).
Le questioni preliminari e la contestazione della lite
Una volta attivatasi la funzione giudiziaria l’istanza comincia a svolgersi (can. 1517).
Tuttavia possono insorgere determinate questioni preliminari. Alcune, come quelle sul deposito per le spese processuali o sul gratuito patrocinio, le eccezioni perentorie tese ad estinguere l’istanza e le eccezioni dilatorie tese ad ostacolare il corso dell’istanza, vanno trattate prima della contestazione della lite. Le altre eccezioni perentorie devono sempre essere sollevate nel corso della contestazione della lite.
L’incompetenza assoluta del giudice può essere eccepita preliminarmente, ma può anche essere rilevata in qualsiasi stato o grado del giudizio ed essere dichiarata d’ufficio dal giudice. Contro la pronunzia dell’organo giudicante che si dichiara competente non è ammesso appello, ma si può proporre querela di nullità o chiedere la restituito in integrum (can. 1460).
La ricusazione di un giudice quando abbia un vincolo di consanguineità, affinità in linea retta o fino al 4° grado della linea collaterale, di tutela o curatela, un rapporto di stretta amicizia o grande inimicizia o una qualsiasi comunanza d’interessi deve essere decisa dal Vicario giudiziale (o dal Vescovo). Può insorgere preliminarmente o successivamente.
Se vengono ricusati il promotore di giustizia, il difensore del vincolo o altri operatori del tribunale, a giudicare la ricusazione è il Presidente del Collegio (can. 1449). Contro la pronunzia di ricusazione non è ammesso appello (can. 1451).
Il decreto di contestazione della lite definisce i termini della controversia e fa seguito alle richieste contrastanti delle parti.
Nelle cause matrimoniali il ricorso dell’interesse pubblico e l’esigenza di procedere con la speditezza consentita dalla ricerca della verità e dal rispetto della giustizia esaltano i poteri d’ufficio del giudice.
Il Presidente o il Ponente, trascorsi 15 giorni dalla notifica della citazione senza che nessuna delle parti chieda udienza per la contestazione della lite, deve procedervi d’ufficio entro i successivi dieci giorni, fissando con decreto la formula del dubbio costituente la questione a cui il giudizio è volto a dare una risposta. Tutto questo salvo che il giudice non ritenga, nelle cause più complesse, di convocare le parti per procedere in contraddittorio alla concordanza del dubbio → can. 1677, 1513.
Il decreto deve essere notificato alle parti, che hanno dieci giorni di tempo per ricorrere allo stesso giudice contro quei disposti del decreto a cui non abbiano già dato il loro assenso (can. 1515). L’ulteriore decreto del giudice non è appellabile.
La questione oggetto dell’istanza deve risultare chiara dalla formula del dubbio: occorre specificare per quale motivo si dubita della validità delle nozze.
Una volta definiti, i termini della controversia non possono essere più mutati, se non attraverso un rinnovo della concordanza del dubbio con un altro decreto concesso ad istanza, per un grave motivo, ascoltate e valutate le ragioni di tutte le parti → can. 1514.