Qualora un’impresa ammessa al trattamento d’integrazione straordinaria, “nel corso di attuazione del programma ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego di tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative”, deve avviare una procedura di collocamento in mobilità (o procedura di mobilità tout court); qualunque sia il numero dei lavoratori da collocare in mobilità, esclusi i dirigenti.
Dal punto di vista della procedura, all’impresa grava l’obbligo d’immediata informazione dei sindacati e della pubblica autorità competente per consentire una consultazione..
Il primo atto della procedura consiste nella comunicazione preventiva per iscritto della situazione di difficoltà alle rappresentanze sindacali aziendali, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza di tali rappresentanze, la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. In ogni caso, la comunicazione ( da inviare anche al competente Ufficio individuato dalle leggi regionali) deve contenere l’indicazione:
dei motivi che determinano la situazione di eccedenza;
dei motivi tecnici, organizzativi, produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione;
del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente
eventuali misure programmate dall’impresa..
Entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni, si procede ad un esame congiunto tra le parti, che ha il fine di esaminare le cause che determinano l’eccedenza del personale e di evitare i licenziamenti. Qualora entro i 45 giorni, la consultazione abbia esito negativo, il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le parti al fine di un ulteriore esame della situazione, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo (ulteriori 30 giorni, ma ridotti, come i 45, alla metà per aziende con meno di 10 lavoratori interessati).
Gli obblighi di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti anche se le decisioni dei licenziamenti sono prese, non dall’azienda dove lavorano i lavoratori , ma da un’impresa che la controlli.
La legge sollecita la ricerca di soluzioni alternative all’espulsione di personale; è anzi previsto il riassorbimento anche parziale dei lavoratori eccedenti con adibizione a mansioni non equivalenti o presso un’altra impresa, per una durata temporanea. In conclusione, il legislatore italiano è dovuto intervenire ad integrare la normativa del 1991, stabilendo la possibilità di ricorrere a veri e propri piani sociali rivolti a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori eccedenti.
Il collocamento in mobilità dei lavoratori eccedenti. Le sanzioni per il licenziamento illegittimo
Esaurita la procedura di mobilità l’imprenditore può procedere al collocamento in mobilità e cioè alla risoluzione del rapporto di lavoro (recesso).
La legge ha dettato alcuni criteri di scelta da valere in mancanza di accordo sindacale. Più precisamente, è previsto che si tenga conto delle esigenze tecnico-produttive ed organizzazione del complesso aziendale e nel rispetto dei criteri fissati dai contratti collettivi, ovvero, in difetto, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: carichi di famiglia; anzianità; esigenze tecnico-produttive ed organizzative.
Non pochi problemi sono sorti sull’interpretazione delle espressioni utilizzate dal legislatore per individuare i criteri legali, esempio: anzianità di età o anzianità di servizio presso l’azienda?
Il legislatore ha fissato limiti insuperabili al meccanismo selettivo; per esempio, il numero degli invalidi non può essere superiore alle percentuali previste dalla normativa in materia di assunzioni obbligatorie e che il rapporto percentuale tra la manodopera maschile e quella femminile resti invariato.
Individuati i lavoratori da licenziare sulla base dei criteri prima citati, è imposta la comunicazione individuale in forma scritta del licenziamento, che deve rispettare l’obbligo del preavviso. Inoltre va comunicato agli Uffici competenti individuati dalle leggi regionali ed ai sindacati di categoria un elenco che contenga i loro dati anagrafici e professionali, nonché le modalità di applicazione dei criteri di scelta.
La L. n. 223 stabilisce che i licenziamenti senza forma scritta o in violazione della procedura sopra descritta siano inefficaci, e dichiara annullabili quelli in violazione dei criteri di scelta. In entrambi i casi è prevista la reintegrazione nel posto di lavoro (art. 18 dello Statuto dei lavoratori).
Salvo il caso di assenza di forma scritta, il licenziamento deve essere impugnato, a pena di decadenza, anche in forma stragiudiziale, entro 60 giorni.
Nel caso di reintegrazione di uno o più lavoratori, la legge consente all’imprenditore di licenziare un numero pari di lavoratori, nel rispetto dei criteri di scelta, senza dover esperire una nuova procedura, ma previa comunicazione alle r.s.a.