Ai diritti dei lavoratori si applica la prescrizione breve quinquennale (art. 2948 c.c.), che racchiude tutti i pagamenti periodici.

La normale prescrizione decennale (2946), che deve considerarsi situazione eccezionale, è valida solo per diritti diversi dalla retribuzione, quali: risarcimento del danno contrattuale, eventuali penali, retribuzioni non periodiche, diritto alla qualifica superiore, danno per mancato versamento di contributi assicurativi e previdenziali.

Alla prescrizione estintiva si affianca la prescrizione presuntiva, di diversa natura, fondamento e disciplina; essa si sostanzia in una presunzione di pagamento perché fa presumere che, decorso un determinato periodo di tempo, il credito si sia estinto. Prova contraria è la sola confessione giudiziale o il giuramento decisorio fornita dalla controparte, del pagamento del debito. Tale prescrizione, in materia di lavoro, è:

di un anno, per il diritto dei lavoratori alle retribuzioni corrisposte a periodi non superiori ad un mese;

di tre anni, per il diritto alle retribuzioni corrisposte a periodi di oltre un mese.

Il regime della prescrizione è inderogabile ed irrinunciabile (2936-7-8): da ciò si desume che il tempo previsto per legge sia condizione necessaria e sufficiente per l’estinzione e la perdita del diritto stesso (e, ancor più, per l’ acquisto del bene da parte del debitore).

La decadenza. Le clausole dei contratti collettivi

L’art. 2964 sostiene che l’esercizio di un diritto è sottoposto ad un termine perentorio: diversamente dalla prescrizione, non si ha la perdita del diritto, ma l’impossibilità di esercitarlo, sia per diritti potestativi sia facoltativi.

Di qui la funzione di certezza soggettiva propria della decadenza. La decadenza può essere legale o contrattuale.

L’art. 2946 ha superato il giudizio di legittimità costituzionale (dopo il 1966) della Corte Cost.

L’intervento della Corte costituzionale in materia di prescrizione

Prescrizione e decadenza, a fronte della posizione contrattuale debole del lavoratore, possono essere considerate come un’indiretta abdicazione delle posizioni soggettive di vantaggio garantite dalla legge e dai contratti collettivi (come per gli atti di disposizione). Pertanto, secondo alcune opinioni, l’art. 2113 prevede anche l’indisponibilità e l’imprescrittibilità dei diritti del lavoratore.

La Corte Cost. ha esplicitato tale principio anche in materia di prescrizione e decadenza, dichiarando incostituzionali gli artt. 2948, 2955 e 2956 limitatamente alla parte dove consentono la prescrizione del diritto alla retribuzione durante il rapporto di lavoro. La Corte costituzionale (sentenza n. 63 del giugno 1966), cioè, ha richiamato l’art 36 Cost. stabilendo il principio dell’ irrinunciabilità del diritto di credito alla retribuzione durante il rapporto di lavoro. La Corte, inoltre, ha dichiarato il differimento del termine della prescrizione e della decadenza alla fine del rapporto di lavoro (sentenza manipolativa di illegittimità parziale).

La giurisprudenza costituzionale successiva al 1966 in tema di prescrizione

I giudici di merito, tuttavia, si sono distaccati, a volte, dall’orientamento di cui sopra, rimandando nuovamente la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2948 alla Corte Cost, per la parte in cui consente la decorrenza del temine di prescrizione nei rapporti di lavoro stabili. La Corte si è sempre pronunciata, comunque, con sentenze di rigetto, pertanto la disciplina impeditiva del decorso delle prescrizioni durante il rapporto si ritiene oggi applicabile.

L’introduzione dell’art. 18 dello Statuto, infine, chiarifica la decorrenza della prescrizione nei rapporti di lavoro stabili: prevede la reintegrazione come rimedio al licenziamento ingiustificato.

 

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