È un’impugnazione ordinaria (la proponibilità impedisce il passaggio in giudicato della sentenza), rescindente (ha per oggetto il vizio che viene denunciato con ricorso per Cassazione), a critica vincolata (è proponibile solo per i vizi previsti per quel tipo d’impugnazione). Non vi è un effetto devolutivo del ricorso per Cassazione (non deve conoscere e decidere di tutte le questioni conosciute e decise dal giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata). Può rilevare d’ufficio le questioni (vedi p. 212).
Provvedimenti impugnabili:
– Sentenze d’appello;
– Sentenze pronunciate in un unico grado (vedi p. 209);
– Sentenze dichiarate non impugnabili (es. opposizione agli atti esecutivi);
– Provvedimenti che, pur non avendo forma di sentenza, hanno il contenuto di sentenza: principio di prevalenza della sostanza sulla forma. Sono quindi impugnabili con ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111.7 Cost. sia quei provvedimenti emanati erroneamente con forma diversa da quella di sentenza, sia quei provvedimenti emanati, conformemente a quanto previsto dal legislatore, nella forma diversa dalla sentenza che hanno il contenuto di sentenza.
Il problema si pone specialmente per i provvedimenti adottati con rito camerale modificato (a volte il provvedimento finale è assimilato ad una sentenza).
I provvedimenti adottati con rito camerale sono disciplinati in modo estremamente snello, in particolare manca quasi completamente la disciplina della trattazione e istruzione. L’unica regola è che il giudice può assumere informazioni. Terminano con provvedimenti revocabili o modificabili.
Criteri per stabilire quando un provvedimento ha contenuto di sentenza:
Decisorietà: deve incidere su diritti soggettivi (es. l’ordinanza di pagamento di somme non contestate incide su diritti soggettivi, però manca del secondo requisito);
Definitività: fenomeno assimilabile al passaggio in giudicato (lo si deve dedurre dai rimedi previsti dal legislatore).
Visto che il legislatore ha previsto la cognizione sommaria anche per altri istituti taluni hanno parlato si sommarizzazione della procedura civile.
L’art. 65 dell’ordinamento giudiziario afferma che la Cassazione ha varie funzioni:
– Assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge;
– Assicura l’unità del diritto oggettivo nazionale;
– Assicura il rispetto dei limiti tra le diverse giurisdizioni;
– Risolve i conflitti di competenza e di attribuzione.
La funzione nomofilattica è volta ad evitare che le norme siano diversamente interpretate, questo perché la diversa interpretazione fa sì che casi identici vengano assoggettati a discipline diverse.
Motivi di ricorso per Cassazione (art. 360 c.p.c.):
1. Motivi attinenti alla giurisdizione;
2. Violazione delle norme della competenza, quando non è prescritto regolamento di competenza;
3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto o dei CCNL;
4. Nullità della sentenza o del procedimento;
5. Omessa, insufficiente o contraddittoria informazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Questi motivi di ricorso possono essere raccolti in due categorie:
– Errores in iudicando (n. 3 art. 360 c.p.c.): si parla di vizi d’ingiustizia. È la violazione dell’applicazione della norma giuridica posta in essere dal giudice nel momento in cui decide il merito della causa. Non riguarda gli error factis in iudicando (il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per error iuris in iudicando). L’applicazione di una norma dipende dalla soluzione di questioni di diritto e di questioni di fatto (es. il giudice per stabilire se un diritto si è prescritto dovrà risolvere sia una questione di fatto, consistente nello stabilire se quel diritto non è stato esercitato e per quanto tempo, e una questione di diritto, consistente nello stabilire se quel diritto si prescrive in 5 anni o 10 anni), in Cassazione io posso dolermi solo delle questioni di diritto.
Sono questioni di diritto:
Qualificazione della fattispecie (es. proprietà o donazione);
Individuazione delle norme che disciplinano la fattispecie;
Interpretazione delle norme così individuate;
Deduzione degli effetti giuridici previsti in astratto da queste norme;
Applicazione alla fattispecie concreta degli effetti giuridici individuati in astratto.
– Errores in procedendo (n. 1, 2, 4, 5 art. 360 c.p.c.): si parla di vizi di attività. Sono i vizi in cui il giudice è incorso nel compimento della sua attività durante il processo (nel compimento degli atti processuali). Sono i vizi nell’applicazione delle norme che disciplinano il progredire del processo.
Nella maggior parte delle ipotesi è facile operare questa distinzione: vizi di giudizio sono quei vizi che il giudice compie nell’applicare le norme del diritto sostanziale quando decide il merito della causa; vizi di attività sono quelli che il giudice compie violando le norme processuali. A questa regola ci sono delle eccezioni: vi sono delle ipotesi in cui per decidere il merito della causa il giudice deve applicare delle norme processuali, questo avviene quando l’oggetto del processo ha natura processuale (es. giudizio di opposizione agli atti esecutivi: qui si tratta di giudicare della validità o meno degli atti del processo esecutivo. Quando io mi oppongo agli atti esecutivi, deducendo che ad es. un atto del processo esecutivo è nullo, io mi dolgo della nullità e sarà quello l’oggetto del processo. Per decidere il merito della causa il giudice deve applicare una norma processuale). In queste ipotesi bisogna stabilire se il vizio riguarda le norme che il giudice ha applicato per decidere il merito della causa oppure le norme che ha applicato per compiere singoli atti attraverso i quali il processo si svolge, l’error in iudicando è sempre il vizio di giudizio nel decidere il merito della causa).
Fino al 2006 erano previsti due percorsi nettamente diversi a seconda che il ricorso per Cassazione fosse proposto per error in iudicando o per error in procedendo. Queste differenze riguardavano vari aspetti:
– Poteri cognitori della Cassazione:
Se la Cassazione era adita con un ricorso proposto per error in procedendo poteva conoscere cosa era avvenuta nel corso del processo (era anche giudice del fatto processuale);
Quando viene proposto ricorso per error in iudicando la Cassazione non è mai giudice del fatto (non può mai sindacare le questioni di fatto decise dal giudice che ha emanato la sentenza).
– Poteri decisori:
Se il ricorso era proposto per error in procedendo la Cassazione cassava la sentenza e rimetteva la causa al giudice di rinvio;
Se il ricorso era proposto per error in iudicando la Cassazione cassava la sentenza ed enunciava il principio di diritto al quale il giudice di rinvio doveva uniformarsi, oppure poteva decidere nel merito la causa se non erano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
– Giudice di rinvio:
Se la Cassazione cassava per error in iudicando il giudice di rinvio era di pari grado di quello che aveva pronunciato la sentenza cassata, ma differente;
Se la Cassazione cassava per error in procedendo il giudice di rinvio poteva anche essere lo stesso giudice che aveva pronunciato la sentenza cassata.
– Natura del giudizio di rinvio:
Se cassava per error in iudicando il giudizio di rinvio aveva natura prosecutoria (rinvio proprio), era come se il giudizio proseguisse in una ulteriore nuova fase. Era disciplinato dagli art. 392, 393 e 394 c.p.c. (gli unici articoli previsti per il giudizio di rinvio), oltre che dalle norme del procedimento davanti al giudice al quale la causa è rinviata;
Se cassava per error in procedendo il rinvio era restitutorio (rinvio improprio): il giudizio di rinvio era configurato come se il processo tornasse nella fase di giudizio in cui si era verificato l’error in procedendo. Era disciplinato dalle norme previste per il grado di giudizio in cui il processo era tornato indietro.
Esempio: se avveniva la rinuncia agli atti del giudizio nel giudizio di rinvio, ed era un rinvio successivo ad una cassazione per error in iudicando, si applicava l’art. 393 c.p.c. (afferma che se si estingue il giudizio di rinvio si estingue l’intero processo: si vuole escludere che sopravviva la sentenza di primo grado).
Se il giudizio di rinvio era conseguente ad una cassazione per error in procedendo trovava applicazione l’art. 338 c.p.c. (disciplina il procedimento d’appello: prevede che se si estingue il giudizio d’appello passa in giudicato la sentenza di primo grado).
[Si parla di rinvio proprio e improprio anche con riferimento ad un’altra distinzione: il rinvio proprio sarebbe il giudizi di rinvio davanti ad un giudice di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata, il rinvio improprio sarebbe invece il rinvio al giudice di primo grado da parte della Cassazione.]
Il legislatore è intervenuto nel 2006, questa differenza di percorsi è rimasta solo per quanto riguarda i poteri di cognizione della Cassazione:
– Quando la Cassazione è adita per error in iudicando non è mai giudice del fatto, è solo giudice del diritto;
– Quando la Cassazione è adita per error in procedendo è sempre giudice del fatto processuale, quindi può esaminare gli atti di causa per verificare quali sono i fatti processuali accaduti.
Per quanto riguarda i poteri decisori e la qualificazione del giudizio di rinvio come prosecutorio o restitutorio, si è avuto un avvicinamento notevole delle due discipline.
Il motivo di ricorso per Cassazione del n. 5) (vizio di motivazione) alcuni lo riconducono nella categoria degli errores in iudicando, mentre altri ritengono che dia luogo ad un error in procedendo. La ragione per cui alcuni lo configurano come error in iudicando è che sindacando la motivazione del giudice si può arrivare a sindacare indirettamente la decisione della questione di fatto da parte del giudice.
Esempio: Si tratta di tratta di stabilire se il soggetto abbia o meno esercitato un diritto (è una questione di fatto). Intervengono dei testimoni che riferiscono il comportamento della parte. Se il giudice nega che vi sia stato l’esercizio del diritto motivando la sua decisione sul fatto che le testimoni erano bionde, e le bionde sono tutte vagabonde, è chiaro che c’è un vizio logico della motivazione, quindi attraverso il sindacato sulla motivazione si arriva a sindacare indirettamente la decisione della questione relativa all’esercizio del diritto.
Questa non è un’opinione corretta in quanto il controllo è si sempre e solo indiretto, ma se la motivazione del giudice è immune da vizi logici io non posso dolermi di come il giudice di merito ha risolto la questione di fatto (lo potrei fare solamente se si trattasse dell’appello). Allora il vizio di motivazione è un vizio dell’attività del giudice, non un vizio del giudizio fatto (il giudice avrebbe dovuto scrivere la motivazione in modo corretto).