È una categoria un po’ discussa. Sono tutti i provvedimenti caratterizzati dalla sommarietà della cognizione. Due sono le ragioni di tale sommarietà:
–          L’incompletezza della cognizione: la cognizione si svolge solo su alcuni dei fatti che sono rilevanti nel processo;
–          La superficialità della cognizione: i fatti rilevanti del processo non vengono accertati, ci si accontenta di una valutazione probabilistica.
Questi provvedimenti sommari costituiscono rimedio ai tempi lunghi del processo. Vengono raccolti in questa categoria perché hanno degli elementi in comune:
–          Sommarietà della cognizione;
–          Idoneità a dar luogo ad un rapido titolo costitutivo.
Vi rientrano:
–          Procedimento per ingiunzione;
–          Procedimento per convalida di licenza o di sfratto;
–          Alcune ordinanze:
Ordinanze ex art. 186 bis, ter e quater c.p.c.;
Ordinanze ex art. 423 c.p.c. del rito del lavoro.
–          Sentenze di condanna con riserva dell’eccezione del convenuto.

Sono dei provvedimenti tra loro eterogenei, se si guarda gli effetti che essi producono, questi non sono omogenei:
–          Il procedimento per ingiunzione e quello per convalida di sfratto sfociano in provvedimenti che sono idonei ad acquistare l’autorità della cosa giudicata materiale, o un effetto assimilabile alla cosa giudicata materiale;
–          Altri di questi istituti sono invece anticipatori, nel senso che solamente anticipano la formazione del titolo esecutivo, non sono idonei a dar luogo alla cosa giudicata materiale (es. ordinanze ex art. 186 bis e ter c.p.c.).

Non è facile ricondurre questa categoria ad un piano omogeneo perché raccoglie dei rimedi ai tempi lunghi del processo da un punto di vista funzionale (sono dei mezzi per costituire rapidamente un titolo esecutivo).
La sommarietà della cognizione è una categoria pericolosa perché il legislatore se ne serve a diversi fini:
–          La sommarietà è anche un elemento dei provvedimenti cautelari, la cui caratteristica è la strumentalità rispetto al processo di cognizione;
–          La sommarietà della cognizione è utilizzata anche nei procedimenti in camera di consiglio (art. 737 c.p.c.). Questi sono dei procedimenti estremamente scarni, tanto che si è sempre posto il problema di assicurare l’effettività contraddittorio. Questi terminano con dei provvedimenti inidonei a dar luogo alla cosa giudicata che sono sempre revocabili e modificabili.

I procedimenti in camera di consiglio sono uno strumento estremamente agile, tanto che il legislatore se ne è servito in molti casi, però introducendo delle varianti. Alcune volte questi procedimenti camerali sono stai utilizzati con delle varianti tali che terminano con dei provvedimenti idonei a dar luogo alla cosa giudicata materiale (questo però molte volte non è chiaramente stabilito, lo si deve dedurre per via interpretativa).

La dottrina si è sforzata di elaborare dei criteri per interpretare i vari istituti:
–          La natura del potere esercitato e dell’istituto si desume dalla natura degli effetti dell’atto. Questo consente di capire quando quei procedimenti in cui sono state introdotte varianti terminano con un provvedimento che dà luogo alla cosa giudicata materiale (è importante capirlo perché questi provvedimenti non sono sempre chiamati “sentenza”. L’art. 111.7 Cost. consente il ricorso straordinario per Cassazione contro tutte le “sentenze”, ma qui sentenza è in inteso in senso sostanziale). Quindi se il provvedimento è idoneo a produrre l’autorità di cosa giudicata materiale, allora sarà stato esercitato un potere di cognizione quale quello del giudice adito nel processo ordinario di cognizione;
–          Altro criterio è quello della revocabilità e modificabilità dell’atto: se un provvedimento è modificabile o revocabile dal giudice che lo ha pronunciato, non è idoneo ad acquistare l’autorità della cosa giudicata materiale. È un criterio che si può considerare tuttora valido nonostante da circa un decennio sia stata introdotta l’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. che vi fa eccezione (ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione);
–          Altro criterio interpretativo era quello della sopravvivenza del provvedimento in questione all’estinzione del processo. Si diceva che se un provvedimento sopravvive all’estinzione del processo non ha natura cautelare. Questo criterio non è più affidabile perché una riforma ha disciplinato i provvedimenti cautelari distinguendoli in anticipatori e conservativi. Una volta tutti i provvedimenti cautelari ottenuti ante causa erano soggetti all’onere di instaurare il processo di cognizione a pena di inefficacia (se veniva instaurato il processo di cognizione, e questo si estingueva, allora perdevano efficacia). Questo regime è stato conservato solo per alcuni provvedimenti (vedi p. 118). La sopravvivenza dei provvedimenti cautelari anticipatori fa venire meno questo criterio interpretativo.

 

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