La disciplina legale della responsabilità contrattuale non è inderogabile in maniera assoluta. Sono possibili infatti sia clausole che esonerano dalla responsabilità sia clausole che la limitano (1229 comma 1). Sono stati previsti alcuni limiti, sia in ordine al contenuto della clausola e alla rilevanza degli interessi da tutelare in via preminente sia in ordine alle modalità formali di accettazione. La clausola è di per sé nulla in due serie di ipotesi.

Si ha la prima quando l’esonero o la limitazione si riferiscano ai casi in cui il debitore abbia agito con dolo, così da causare volontariamente l’inadempimento, sia ai casi in cui l’evento che ha impedito l’esecuzione della prestazione sia imputabile a una colpa grave, in quanto dipenda da una negligenza superiore a quella che già comporterebbe l’imputazione della responsabilità contrattuale (1229 comma 1).

Il divieto generale ha applicazioni specifiche nel sistema del codice e della legislazione speciale. La seconda serie di ipotesi si ha quando l’esonero o la limitazione indeboliscano la tutela di quei diritti di credito la cui lesione è suscettibile di arrecare pregiudizio al alle persone dei consumatori o degli utenti, poiché comporterebbe danni all’integrità fisica o morale dei medesimi.

La clausola dell’ordine pubblico, quale limite invalicabile del patto privato, ricomprende in sé sia l’istanza di difesa della persona sia l’istanza di protezione dell’interesse generale (1229 comma 2). In definitiva, l’ambito di autonomia concesso alle parti è ristretto: alle clausole che escludano o limitino la responsabilità per colpa non grave; che non siano contrarie all’ordine pubblico.

Le finalità di tutela della persona hanno trovato applicazioni speciali nel contratto di locazione e nel rapporto di trasporto di persone. La finalità di protezione dell’interesse pubblico generale è richiamata dai giudici per escludere la validità di clausole predisposte dal venditore di opere d’arte e tali da infirmare l’esigenza di prevenzione e repressione di un fenomeno dilagante, relativo all’imitazione e alla contraffazione delle opere d’arte. Il secondo ordine di limiti assume rilievo soltanto con riguardo ai contratti con condizioni generali unilateralmente predisposte.

Difatti, in tale settore di operazioni, le clausole di esonero o di limitazione della responsabilità sono sottoposte a un vincolo di forma: sono inefficaci se non siano specificamente sottoscritte dalla parte che non le ha predisposte (1341 comma 2). Delle clausole di esonero o di limitazione della responsabilità il codice si occupa con riguardo alla disciplina delle conseguenze derivanti dall’inadempimento.

Nella prassi sono diffusi tuttavia anche i patti relativi alla sfera extracontrattuale; e si discute se nell’ordinamento debba reputarsi esistente un generale divieto implicito, in considerazione della natura di ordine pubblico che sarebbe di per sé caratteristica della disciplina relativa alla responsabilità civile. Si va affermando nondimeno un atteggiamento liberale; non già nel senso di un’automatica e illimitata validità: piuttosto in vista di una valutazione del singolo patto.

Accadrà così che spesso clausole di tal natura siano da considerare incompatibili con l’art. 1229, in quanto contrarie all’ordine pubblico; ma una simile conclusione non dipenderà da dall’oggetto in quanto tale bensì dall’interesse di cui sia in tal modo resa più precaria la tutela. Una delle questioni generali che hanno assunto un notevole rilievo nelle regole applicate si riferisce alla distinzione, in sé concettualmente chiara e non controversa, tra la delimitazione dell’oggetto della prestazione e del contenuto del contratto per un verso e l’esonero o la limitazione della responsabilità da inadempimento per un altro verso.

Esemplare in tal senso è il massimale di polizza delle società assicuratrici, nel quale è fissato un elemento essenziale del contratto assicurativo: l’entità del rischio assicurato. Non si tratta di una clausola ricompresa nella previsione dell’art. 1229; né si applica la disciplina prevista dall’art. 1341 comma 2.

Non vi è dubbio che alcune operazioni economiche risulterebbero gravemente alterate se fosse possibile manipolare arbitrariamente l’oggetto tipicamente presupposto dallo schema legale: il risultato sarebbe incompatibile con l’esigenza di fornire adeguata tutela ai creditori. Esemplari sono i dubbi in materia di norme uniformi dell’Associazione Bancaria Italiana, a causa dei limiti convenzionali irrisori fissati con riguardo ai valori da custodire nelle cassette di sicurezza.

L’opinione della nullità in base all’art. 1229 si trova talvolta affermata dai giudici con riguardo alla previsione di una corrispondente limitazione del risarcimento al valore assai modesto dell’oggetto che il cliente può chiudere in cassetta. Alcuni giudici di legittimità hanno ribadito la validità del patto dell’A.B.I. affermando che tale clausola comporta una delimitazione del contenuto del contratto e che quest’ultimo risponde pur sempre a un’esigenza meritevole di tutela anche con riguardo alla finalità di salvaguardare la segretezza della clientela.

Una regola applicata si riferisce, infine, alla necessità che il debitore fornisca la prova che la clausola ben può essere invocata, poiché il comportamento è a lui imputabile soltanto a titolo di colpa non grave.

 

 

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