Il giudice ha il potere, previsto dal 18.8, di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi, ove possibile.

Con riguardo a questa misura ci si è chiesti se essa rientri nello schema del risarcimento in forma specifica oppure in quello della restitutio in integrum.

Inoltre rileva il problema del coordinamento tra commi VI ed VIII: se il ripristino sia una misura ulteriore oppure alternativa rispetto al risarcimento.

Stando alla lettera della legge, sembrerebbe doversi rispondere nel primo senso, tanto più che di primo acchito il ripristino, unito al risarcimento, potrebbe sembrare conferma ulteriore dell’atteggiamento sanzionatorio che abbiamo rilevato nella legge.

Ma la soluzione è più articolata.

Una condanna al ripristino, quando il giudice abbia liquidato il danno da risarcire tenendo comunque conto del costo necessario per il ripristino, significherebbe che il danneggiante è tenuto al ripristino simultaneamente in natura e per equivalente.

Un simile esito non sarebbe conciliabile né con la prospettiva risarcitoria né con quella sanzionatoria.

Quanto alla prospettiva risarcitoria, è chiaro che il risarcimento per equivalente che sia esaustivo del danno esclude quello in forma specifica e viceversa.

Quanto alla prospettiva sanzionatoria, perché ove si voglia sostenere che il ripristino vada inteso come restitutio in integrum (ma a me sembra che, se presupposto della sanzione è il danno, si debba proprio parlare di risarcimento) esso ugualmente sarebbe sine causa nel momento in cui alla funzione di ripristino abbia provveduto, sia pure in via mediata, il risarcimento del danno che sia commisurato al costo del ripristino.

Certo il 18 fa riferimento a quest’ultimo non in termini di misura del risarcimento ma come criterio che concorre alla determinazione di esso, sicché non è detto che il risarcimento comprenda l’intero costo del ripristino.

Ma anche in questi termini, il ripristino non può che avere senso come scopo al quale debba in qualche modo tendere il risarcimento per equivalente sicché la restaurazione in natura che si aggiungesse ad esso si vestirebbe di bis in idem.

La prospettiva va perciò rovesciata, partendo ove possibile dal ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile: quando il giudice abbia disposto in questo senso, il risarcimento ulteriore non potrà essere riferito, in tutto od in parte, al costo necessario per il ripristino, ma avrà come oggetto una somma liquidata in via equitativa e con funzione, allora, meramente sanzionatoria.

Ove invece la misura in natura non sia possibile, troverà integrale applicazione il 18.6 [Il giudice, ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne determina l’ammontare in via equitativa […]].

Questo è il modello ora adottato dalla dir. CE 35/2004, la quale dà la precedenza alle misure di riparazione specifica.

Anzitutto, a tenore del 5.1, Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l’operatore adotta, senza indugio, le misure di prevenzione necessarie.

Secondo il 6.1 Quando si è verificato un danno ambientale, l’operatore comunica senza indugio all’autorità competente tutti gli aspetti pertinenti della situazione e adotta:   

a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire […], allo scopo di limitare o prevenire ulteriori danni […]

b) le necessarie misure di riparazione conformemente all’articolo 7.

Infine il 7.2 prevede che L’autorità competente decide quali misure di riparazione attuare, aggiungendo al comma III che l’autorità competente tiene conto, fra l’altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale […], nonché della possibilità di un ripristino naturale.

 

Lascia un commento