Errore di diritto

In materia penale si distinguono l’errore sul precetto penale e l’errore su una norma extrapenale.

L’errore sul precetto, cioè che ricade sulla norma incriminatrice, ha ad oggetto l’illiceità penale del fatto. Quindi l’agente per ignoranza o errata interpretazione della norma, non si rende conto di realizzare un fatto costituente reato. (es. un venditore ambulante tunisino, residente in Francia, trasporta per un breve tratto nel territorio italiano, una carabina ad aria compressa senza rendersi conto che il fatto costituisce reato, perché nell’ordinamento francese la vendita di queste armi è libera e priva di formalità).

Nel disciplinare l’ignoranza o errore sul precetto, i legislatori si preoccupano di bilanciare da un lato, la piena affermazione del principio di colpevolezza, dall’altro, l’esigenza general- preventiva di non indebolire l’effettiva tenuta dell’ordinamento giuridico. Questa prospettiva di bilanciamento, a seguito della sent. 364/88, si traduce nel seguente principio: l’errore sul precetto è irrilevante (art. 5), a meno che non si tratti di errore inevitabile e perciò scusabile.

L’errore su norma extrapenale, ha invece, ad oggetto una norma diversa da quella incriminatrice, (ad es. Tizio erra nell’interpretare la disciplina del matrimonio, e questo errore incide sulla consapevolezza di compiere un reato di bigamia). Perché questo tipo di errore scusi, è necessario, conformemente all’art. 47 comma 3°, che esso si risolva o converta in un errore sul “fatto” di reato: occorre cioè che l’agente ne risulti fuorviato al punto tale da non essere consapevole di compiere un fatto materiale conforme a quello previsto dalla legge come reato.

Ove l’errore su norma extrapenale non sfoci in un errore sul fatto tipico e si limiti a suscitare indirettamente nell’agente l’erronea convinzione che il fatto realizzato sia penalmente lecito perché non rientrante nella norma incriminatrice, ci troviamo di fronte ad una situazione assimilabile, negli effetti, all’ipotesi dell’errore che ricade sul precetto e quindi vale la disciplina di cui all’art. 5.

 

Errore che verte sugli elementi degradanti il tipo di reato

La disciplina su tale tipo di errore non è pacifica. L’esempio classico è quello del soggetto che cagiona la morte di una persona, nella supposizione erronea che la vittima abbia prestato il suo consenso all’uccisione; bisogna stabilire se si tratti di omicidio semplice (art. 575) od omicidio del consenziente (art. 579).

Alcuni autori propendono per una soluzione rigorosa, in base al rilievo che andrebbe attribuita rilevanza non alla “mera rappresentazione, anche se aberrante, dell’agente”, ma alla sussistenza degli estremi materiali e psicologici corrispondenti alla figura criminosa di fatto realizzatasi.

Secondo altri, si esclude invece, che il dolo del reato meno grave, inglobi il dolo relativo all’illecito- base + grave e si propende quindi, per l’applicazione della fattispecie ipotizzante il reato meno grave (omicidio del consenziente).

Data la mancanza di una soluzione legislativa di tende a ricorrere ad un’applicazione analogica della disciplina dell’errore sulle cause di giustificazione (art. 59 comma 4); anche se è discutibile ricorrere ad analogie, la ritenuta prevalenza dell’ipotesi criminosa meno grave riflette meglio l’atteggiamento psicologico dell’agente.

 

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