Premessa

L’imputabilità è definita dall’art. 85 c.p. come capacità di intendere e di volere. Ovviamente una volontà libera, come libertà assoluta di autodeterminazione, ai limiti del puro arbitrio non esiste. La volontà umana può definirsi libera secondo un’accezione più ristretta, nella misura in cui il soggetto non soccomba passivamente agli impulsi psicologici che lo spingono ad agire in un determinato modo, ma riesca ad esercitare poteri di inibizione e controllo idonei a consentirgli scelte consapevoli tra motivi antagonistici. Tale libertà relativa o condizionata presenta, graduazioni diverse in funzione del livello di intensità dei condizionamenti che il soggetto subisce prima di agire: più è forte la spinta dei motivi, degli impulsi, degli istinti, tanto + difficile   risulterà lo sforzo di sottoporli al potere di autocontrollo e viceversa.

Il diritto penale assume la libertà di volere come necessario presupposto della vita pratica non come dato ontologico; non come un dato scientificamente dimostrabile, ma come contenuto di un’aspettativa giuridico- sociale. La scelta di una libertà relativa è la più funzionale in ambito penalistico: se le decisioni umane non fossero condeterminate da cause che operano secondo leggi psicologiche, ma avessero la loro scaturigine nel puro arbitrio, non avrebbe senso pretendere di influenzare la condotta umana mediante la minaccia della pena. È necessario che il timore di poter incorrere in una sanzione punitiva eserciti un condizionamento idoneo a indurre l’agente a non delinquere.

 

Fondamento penalistico

Il fondamento penalistico dell’imputabilità è rinvenibile sul terreno della funzione della pena. Se la minaccia della sanzione punitiva deve esercitare un’efficacia general preventiva distogliendo i potenziali rei dal commettere reati, un necessario presupposto è che i destinatari siano psicologicamente in grado di lasciarsi motivare dalla minaccia. Se l’esecuzione della pena deve tendere a rieducare il reo (prevenzione speciale) è necessario che il condannato sia psicologicamente in grado di cogliere il significato del trattamento punitivo. Tale motivabilità normativa non è presente allo stesso modo in tutti gli individui: i soggetti immaturi come i minori e le persone inferme di mente, sono a tutt’oggi da considerare incapaci di subire la coazione psicologica della pena, o comunque, incapaci di subirla nella stessa misura in cui l’avvertono gli adulti mentalmente sani. La coscienza sociale avvertirebbe come ingiusta la sottoposizione a pena di chi non è compus sui.

 

Crisi del concetto tradizionale di imputabilità

Nel corso dell’ultimo trentennio sono emerse tendenze culturali che hanno avuto l’effetto di rendere incerta la distinzione tra soggetti imputabili e non imputabili. In una prima fase, verso gli anni Settanta, si è assistito alla crescente affermazione di approcci scientifici orientati a interpretare certe forme di criminalità come la risultante di disturbi psichici e/o di condizioni di emarginazione sociale. Ne sono derivati seri tentativi di porre in crisi i fondamenti della responsabilità penale, all’insegna di tecniche inclini a soppiantare le idee di colpevolezza e di punizione con quelle di anomalia psicologica e di trattamento curativo- riabilitativo.

In una seconda fase, invece, negli anni più recenti, si è assistito ad un mutamento di tendenze in senso contrario all’interno di alcuni settori della psichiatria. Non solo viene combattuta la prospettiva dell’equiparazione del delinquente al malato di mente, ma ci si spinge oltre sostenendo che è errato considerare gli stessi infermi psichici soggetti “irresponsabili”: al contrario il riconoscimento di una certa loro capacità di autodeterminazione avrebbe il positivo effetto di promuoverne il senso di responsabilità.

Si è poi infine avanzata la proposta di eliminare del tutto la categoria dell’imputabilità, con conseguente equiparazione del trattamento penale dei soggetti sani e dei soggetti psichicamente malati, ma ovviamente tali pretese vanno incontro ad obiezioni difficilmente superabili, infatti non appare possibile raggiungere finalità di responsabilizzazione, di terapia, di conferimento di dignità al malato di mente autore del reato attraverso una rigida affermazione di piena capacità di intendere e di volere. Il problema rimane quindi, non potendosi eliminare la categoria dell’imputabilità, quello di una sua ridefinizione alla luce delle più aggiornate acquisizioni scientifiche.

 

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