L’art. 53 comma 1° stabilisce che, ferme le disposizioni contenute nei due art. precedenti, “non è punibile il pubblico ufficiale, che al fine di adempi edere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità, e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.”

Tale scriminante è stata configurata come autonoma solo dal legislatore del ’30: per giustificare la liceità dell’impiego della coazione fisica da parte dei pubblici ufficiali si faceva infatti, prima riferimento, alla legittima difesa, allo stato di necessità o all’adempimento di un dovere legale. La ragione dell’innovazione è da ravvisare nell’intento del legislatore fascista di sottolineare la prevalenza del potere di coercizione statuale nelle situazioni che pongono in conflitto cittadini e autorità.

Oggi invece, dalla clausola di riserva inserita all’inizio dell’art. 53 (ferme le disposizioni contenute nei 2 art. precedenti) si desume la natura sussidiaria della scriminante in esame, nel senso che si fa luogo alla sua applicazione solo ove difettino i presupposti della legittima difesa o dell’adempimento del dovere.

Possono beneficiare di tale scriminante solo i pubblici ufficiali, secondo un’interpretazione restrittiva che circoscrive l’ambito della scriminante agli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria e ai militari in servizio di Pubblica sicurezza. Per effetto del 2° comma può beneficiare anche qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presi assistenza.

Il fine perseguito dal pubblico ufficiale deve essere quello di adempiere il dovere del proprio ufficio, quindi la scriminante è esclusa in presenza di uno scopo di vendetta o arbitraria sopraffazione.

 

Ragioni legittimanti il ricorso ai mezzi di coercizione fisica

Il ricorso è giustificato di fronte alla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’autorità; tale necessità sussiste quando il pubblico ufficiale non ha altra scelta per adempiere al proprio dovere, all’infuori di quella di far uso di un mezzo coercitivo (la necessità va interpretata però nel senso che il pubblico ufficiale deve impiegare tra i mezzi i idonei, quello meno lesivo).

 

La violenza

La violenza deve consistere in un comportamento attivo tendente a frapporre ostacoli all’adempimento del dovere di ufficio, e deve trattarsi di un comportamento in atto, altrimenti non vi sarebbe necessità dell’uso della coazione. L’art. 53 non distingue tra violenza e minaccia, sicché qualche autore ritiene che la violenza abbracci anche la coercizione psichica tendente a influire sul comportamento dei destinatari (la minaccia deve però essere seria e particolarmente grave).

La resistenza. La resistenza deve essere attiva, non basterebbe quella passiva (come ad es. la classica resistenza pacifica opposta alle donne scioperanti distese sui binari per impedire il passaggio dei treni). In realtà non sempre la resistenza passiva esclude l’applicabilità dell’art. 53, ma si richiede un rapporto di proporzione tra i mezzi di coazione impiegati e il tipo di resistenza da vincere e poi una proporzione tra i beni in conflitto.

 

Caso

Cass. 8 luglio 1977. Un commando di terroristi, lancia alcune bottiglie molotov contro 2 ingressi laterali del ministero di grazia e giustizia, in segno di protesta contro una sentenza di condanna emessa a carico di un simpatizzante della loro organizzazione: compiuto l’attentato i componenti del commando fuggono sparpagliandosi in gruppetti. Due agenti di servizio al ministero di danno all’inseguimento di uno di essi, e un agende esplode un colpo uccidendolo. In questo caso la fuga (del terrorista) rappresenta una resistenza passiva, che quindi di regola, esclude l’uso delle armi, perché manca il rapporto di proporzione tra l’uso dell’arma e il carattere della resistenza opposta. La condotta dell’agente non può quindi apparire giustificata. Quindi il rapporto non deve sussistere in base al reato commesso ma in base alla forma di resistenza attuata dal delinquente (se non kiaro vedi pag 297).

 

L. 152/1975

La legge in esame ha aggiunto all’art. 53 le parole “e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, naufragio … in realtà però nel concetto di violenza tali reati sono già inclusi. Perciò il legislatore ha inteso attribuire nel caso di tali delitti, una funzione autonoma alla scriminante, per autorizzare l’uso delle armi o altro mezzo idoneo per impedire la consumazione dei reati predetti anche in una fase antecedente a quella in cui sono ravvisabili gli estremi dell’idoneità e univocità degli atti come elementi del tentativo punibile. Questa interpretazione consente la reazione armata anche in assenza di un effettivo pericolo per i beni presi di mira.

L’ultimo comma fa poi riferimento all’ipotesi di uso legittimo della coazione fisica previste dalla legislazione penale, tra cui le ipotesi di repressione del contrabbando, espatrio clandestino, evasione dei detenuti …

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