Sempre l’art. 51 stabilisce che “l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.” La ratio della scriminante va individuata nell’esigenza di rispettare il principio di non contraddizione.

Dovere imposto da una norma giuridica. Tipici casi sono quelli del poliziotto che effettua un arresto, del testimone che riferisce (nell’adempiere l’obbligo di testimonianza) fatti offensivi dell’altrui reputazione … in questi casi viene meno il reato di sequestro di persona e di diffamazione. L’obbligo di agire può derivare da una legge o un atto ad essa equiparato, ma anche da un regolamento, dato che il principio di riserva assoluta di legge non si estende alle cause di giustificazione (desumibili dall’intero ordinamento); inoltre, in virtù dell’art. 10 cost., il dovere scriminante può trovare la sua fonte anche in un ordinamento straniero purché, il diritto internazionale esiga che tale dovere sia riconosciuto come valido anche dallo Stato italiano.

Dovere imposto da un ordine dell’Autorità. L’ordine consiste in una manifestazione di volontà che un superiore rivolge ad un subordinato, in vista del compimento di una data condotta. Perché l’esecuzione dell’ordine possa assumere efficacia scriminante ex art. 51, è necessario che tra il superiore e l’inferiore intercorra un rapporto di subordinazione di diritto pubblico. (ad es. non assume efficacia scriminante l’adempimento del dovere nel caso Cass. 21 gennaio 1981, riguardante il trasportatore e il titolare di un deposito di carburante, i quali commettono una contravvenzione relativa allo svolgimento della loro attività a seguito di ordini impartiti dal rappresentante legale della compagnia petrolifera.). Infine, il concetto di pubblica Autorità ricomprende, secondo un’interpretazione restrittiva, i soli pubblici ufficiali; secondo un’interpretazione estensiva, ricomprende anche gli incaricati di pubblici servizi legati da un rapporto di subordinazione e i soggetti esercenti servizi di pubblica necessità.

Presupposti di legittimità

Ai fini della non punibilità però, non è sufficiente l’esistenza di un ordine, è infatti necessario che questo sia legittimo.

I presupposti formali si riferiscono a:

  • Alla competenza del superiore ad emanare l’ordine
  • Alla competenza dell’inferiore ad eseguirlo
  • Alla forma prescritta

I presupposti sostanziali attengono all’esistenza dei presupposti stabiliti dalla legge per l’emanazione dell’ordine (ad es. l’emanazione di un’ordinanza di custodia cautelare presuppone che sussistano sufficienti indizi di colpevolezza a carico del destinatario del provvedimento).

 

Il sindacato sulla legittimità dell’ordine

L’ultimo comma dell’art. 51 prevede che il subordinato abbia il potere di sindacare la legittimità dell’ordine, infatti stabilisce che è esclusa la punibilità dell’esecutore di un ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine stesso. Ovviamente, bisogna precisare in quali limiti il potere di sindacato del subordinato possa estendersi alla legittimità non solo formale ma anche sostanziale dell’ordine. (es. un poliziotto incaricato di eseguire un provvedimento di arresto emanato da un magistrato, non potrà valutare se gli indizi di colpevolezza menzionati sussistano davvero nella realtà, ma il poliziotto potrà, invece, rifiutarsi di eseguire un ordine di arresto in cui manca del tutto una motivazione). Nel verificare i limiti al potere di sindacato, bisogna considerare sia la natura dell’ordine, che il rapporto che intercorre tra il subordinato e il superiore: più aumenta la subordinazione gerarchica e più diminuisce il potere del subordinato di sindacare la legittimità sostanziale dell’ordine.

Laddove il controllo di legittimità non venga effettuato dai subordinati legittimati a farlo, anche loro rispondono penalmente dell’eventuale reato commesso in esecuzione dell’ordine illegittimo: l’art. 51 comma 2° infatti, dispone che del fatto commesso risponde sempre chi ha dato l’ordine e al comma 3° si aggiunge che risponde altresì chi ha eseguito l’ordine. La regola secondo cui risponde anche l’esecutore dell’ordine illegittimo soffre 2 eccezioni:

  • Se per errore di fatto, ha ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo (anche errore extrapenale)
  • Se la legge non gli consente alcun sindacato di legittimità (es. rapporti di subordinazione di natura militare, qui si parla infatti, di ordini illegittimi vincolanti).

Anche nel caso della seconda eccezione dottrina e giurisprudenza affermano che c’è un limite all’impossibilità di sindacare la legittimità sostanziale dell’ordine da parte dello stesso inferiore vincolato alla più pronta obbedienza: tale limite è individuato nella manifesta criminosità dell’ordine stesso. Si tratta di un’estensione analogica al diritto penale comune di un esplicito limite prima contemplato dall’art. 40 (ora abrogato) del c.p. militare, e in atto previsto dall’art. 4 delle nuove norme sulla disciplina militare, dove all’ultimo comma è stabilito: “il militare al quale viene impartito un ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato, ha il dovere di non eseguire l’ordine o di informare al più presto il superiore.

 

Caso

L’ufficiale cassiere di una capitaneria di porto compie operazioni contabili manifestamente illecite, integranti i reati di peculato e falso ideologico, per ordine del comandante della capitaneria. Di fronte all’ingiunzione del comandante della capitaneria di porto di compiere irregolarità amministrative manifestamente integranti fatti di reato, l’ufficiale- cassiere ha il diritto- dovere di opporre un rifiuto, diversamente anch’egli si rende corresponsabile dei reati commessi in esecuzione dell’ordine.

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