Le regole comuni a tutte le scriminanti sono contenute agli artt. 55 e 59 del codice.

1. ART 59

L’art. 59 comma 1° stabilisce che “ le circostanze che escludono la pena sono valutate a favore dell’agente, anche se da lui non conosciute o da lui per errore ritenute inesistenti”. La dottrina ritiene che le esimenti operino su un piano meramente oggettivo, cioè vengano valutate a favore dell’agente, in virtù della loro esistenza a prescindere dalla consapevolezza dello stesso.

L’art. 59 ultimo comma stabilisce che “se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”. Il codice attribuisce, quindi, rilevanza alla scriminante putativa, equiparando la situazione di chi agisce effettivamente in presenza di una causa di giustificazione a quella di chi confida erroneamente nella sua esistenza. L’errore, per spiegare efficacia scusante, deve però investire:

Presupposti di fatto che integrano la causa di giustificazione stessa (es. A a causa di un errore di percezione crede di essere aggredito da B e reagisce difendendosi) oppure … Una norma extrapenale integratrice di un elemento normativo della fattispecie giustificante.

Infatti, chi agisce credendo che sussistano cause di giustificazione agisce senza dolo così come chi erra sull’esistenza di un requisito positivo della figura criminosa che viene in questione. È esclusa invece, la rilevanza esimente di un errore di diritto (es. erronea convinzione che la provocazione escluda il reato) dato il principio ignorantia legis non excusat ex art. 5.

La giurisprudenza tende a interpretare restrittivamente l’art. 59 ultimo comma perché non ritiene sufficiente, per escludere la responsabilità dolosa, che l’agente supponga erroneamente l’esistenza di una causa di giustificazione, ma richiede (pur nel silenzio dell’art. 59) che l’errore in cui il soggetto versa sia ragionevole, abbia logica giustificazione, possa apparire scusabile sulla base dei dati di fatto.

Errore colposo. Sempre secondo l’art. 59 ultimo comma, se l’errore sulla presenza di una scriminante è dovuto a colpa dell’agente, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. ( es. A, camminando di notte in una via solitaria, viene avvicinato da un estraneo che chiede solo un’informazione, e scambiando per effetto dell’autosuggestione, l’estraneo per un bandito, lo uccide. In tale caso sussistono i requisiti per la responsabilità a titolo di colpa e quindi l’omicidio è comunque punito dalla legge anche se realizzato in forma colposa, art. 589.)

Quest’ultimo comma dell’art. 59 è applicabile oltre che ai delitti anche alle contravvenzioni.

 

2. ART. 55

L’art. 55 sancisce che “quando nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 51, 52, 53, 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni riguardanti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. Questa norma si riferisce alla figura dell’eccesso colposo, la quale ricorre allorché sussistono i presupposti di fatto di una causa di giustificazione, ma l’agente per colpa ne travalica i limiti (es. l’aggredito, a causa di un errore inescusabile di valutazione, appresta mezzi eccessivi di difesa in rapporto all’entità del pericolo). La situazione dell’eccesso colposo si distingue da quella di erronea supposizione di una scriminante, perché in quest’ultima la causa di giustificazione non esiste nella realtà ma solo nella mente di chi agisce, nel caso dell’eccesso colposo, invece, la scriminane esiste ma l’agente supera colposamente i limiti del comportamento consentito.

Il giudizio circa la natura colposa del travalicamento dei limiti viene effettuato alla stregua dell’art. 43 che afferma che il travalicamento dei confini della scriminante, deve dipendere da difetto inescusabile di conoscenza della situazione concreta da parte dell’agente, ovvero da altre forme di inosservanza di regole di condotta a contenuto precauzionale relative all’uso dei mezzo o alle modalità di realizzazione del comportamento. Parte della dottrina distingue due forme di eccesso colposo:

• Il primo si ha quando si cagiona un certo risultato volontariamente, perché si valuta erroneamente la situazione di fatto.

• Il secondo si verifica quando la situazione di fatto è valutata esattamente, ma per un errore esecutivo si produce un evento + grave di quello che sarebbe stato necessario cagionare.

In ogni caso, ciò che conta è che la volontà dell’agente sia sempre tesa a realizzare quel fine che nella situazione concreta rende giustificato il comportamento, e che per un errore vincibile sulla necessità dell’uso dei mezzi o sull’estensione dei limiti concreti che la situazione impone, si realizza un evento sproporzionato rispetto a quello che sarebbe stato invece sufficiente produrre (es. A, volendosi difendere contro B che lo aggredisce con un frustino, scambiando erroneamente il frustino per una arma da punta, reagisce con una pugnalata e uccide l’aggressore).

Si è fuori dai limiti dell’eccesso colposo se l’agente, essendo bene a conoscenza della situazione concreta e dei mezzi necessari al raggiungimento dell’obiettivo consentito, superi volontariamente i limiti dell’agire scriminato (es. A rendendosi conto che basterebbero delle semplici percosse a far desistere l’aggressore disarmato, lo ferisce con un coltello per provocargli uno sfregio duraturo. In tale caso l’eccesso non si riferisce ai mezzi ma ai fini dell’agire).

Nonostante l’art 55 non richiami l’art. 50, la sfera di operatività della figura dell’eccesso colposo deve ritenersi estensibile anche alla scriminante del consenso dell’avente diritto. Parte della dottrina e giurisprudenza ritengono che la diposizione si applicabile anche nell’ipotesi di scriminante putativa, anche cioè quando l’eccesso si riferisca d una causa di giustificazione che non esiste nella realtà ma solo nella mente dell’agente.

Natura del delitto. Inoltre, il delitto commesso in situazione di eccesso colposo è un vero e proprio delitto colposo. È vero che l’evento più grave può essere dall’agente voluto e previsto ma , la volontarietà del fatto è viziata da un errore inescusabile, che si converte in una falsa rappresentazione dei confini entro i quali è consentito agire: mancando l’esatta conoscenza della situazione concreta, esula l’elemento del dolo, e dato che l’errore di valutazione in cui l’agente cade potrebbe essere evitato prestando maggiore attenzione, sussistono i presupposti strutturali tipici del comportamento colposo.

 

 

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