La teoria dell’imputazione obiettiva dell’evento
La teoria dell’imputazione obiettiva dell’evento è incentrata su un’unica prospettiva di fondo, ma si articola in filoni diverso. La comune premessa di partenza si fonda sul rilievo che il nesso causale costituisce presupposto indispensabile della responsabilità, in quanto è in grado di riflettere la signoria dell’uomo sul fatto: esso comprova ciò che conta per il diritto penale, cioè che l’evento sia opera dell’agente.
Non sempre però alla sussistenza di un nesso causale in senso condizionali stico, si accompagna la capacità umana di governare il decorso eziologico (es. il nipote che induce lo zio ricco a compiere un viaggio in aereo che ne determina il decesso). In tali casi, non si tratta tanto di verificare se l’agente abbia cagionato l’evento, quanto di stabilire se questo gli si possa essere obiettivamente imputato come fatto proprio o se invece, non debba considerarsi come conseguenza di una coincidenza del tutto casuale.
Un evento lesivo può essere obiettivamente imputato all’agente, soltanto se esso realizza il rischio giuridicamente non consentito o illecito creato dall’autore con la sua condotta.
Si distinguono poi, due filoni di questa stessa teoria, che propongono l’utilizzo di due criteri diversi per la valutazione del rischio.
- La teoria dell’aumento del rischio. Secondo tale filone, l’imputazione obiettiva dell’evento presuppone, oltre al nesso condizionali stico, che l’azione in questione abbia di fatto aumentato la probabilità di verificazione dell’evento dannoso. Sarebbero giuridicamente vietate solo le azioni che vanno al di là del rischio socialmente consentito e che producono eventi costituenti la realizzazione del rischio vietato; mentre sarebbero lecite le condotte che non comportano un rischio disapprovabile o che non aumentano le chance di verificazione di eventi lesivi. (es. è da escludere l’invito del nipote allo zio aumenti il rischio che quest’ultimo muoia per un incidente aereo; invece ad es. l’istigare un tossicodipendente a riprendere l’assunzione di eroina, accresce il rischio di un evento letale).
- La teoria dello scopo della noma violata. Secondo questo punto di vista, l’imputazione viene meno tutte le volte in cui il fatto che si verifica, pur essendo causalmente riconducibile alla condotta dell’autore, non costituisce concretizzazione dello specifico rischio che la norma in questione tende a prevenire. In realtà questo criterio porta a esiti non sempre univoci.
La teoria dell’imputazione obiettiva dell’evento è stata sotto diversi aspetti criticata:
– la prima critica attiene alla circostanza che la teoria è stata elaborata nell’ordinamento tedesco, che è a tutt’oggi privo di una normativa sulla causalità, da qui la difficoltà di renderla compatibile col sistema italiani che invece contiene una regolamentazione che non sempre collima con gli estremi della teoria.
– La seconda critica si appunta contro il criterio dell’aumento del rischio, perché applicando tale criterio, si asseconda una trasformazione surrettizia degli illeciti di danno in corrispondenti ipotesi di illecito di pericolo con l’ulteriore conseguenza di ribaltare il principio in dubbio pro reo bel suo esatto contrario.
Concause
Il fenomeno delle concause è disciplinato all’art. 41 il quale lo definisce come concorso di più condizioni nella produzione di uno stesso evento; condizioni che a loro volta possono essere antecedenti, concomitanti o successive rispetto alla condotta del reo.
Il primo comma, stabilisce che il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità tra l’azione e l’evento. (si tratta di una riaffermazione della teoria condizionalistica accolta all’art. 40 comma 1°).
Il secondo comma, afferma che le cause sopravvenute da sole sufficienti a produrre l’evento escludono il rapporto di causalità. Tale norma ha suscitato molti contrasti interpretativi nell’ambito della dottrina, in quanto l’espressione “cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento” sembra fare riferimento ad una serie causale del tutto autonoma, cioè ad una causa che opera a prescindere da qualsiasi legale con una precedente azione del soggetto. Ma tale interpretazione finirebbe col rendere superfluo l’art. 41, infatti, l’esclusione di un nesso causale penalmente rilevante, dovrebbe già derivare dalla semplice applicazione del principio condizionali stico ex art. 40.
Si impone quindi una diversa interpretazione, la disposizione di cui all’art. 41 comma 2° deve essere intesa come norma che tende a temperare gli eccessi punitivi che derivano da una rigorosa applicazione del criterio condizionali stico. (Questa esigenza di temperamento si avverte nei casi di decorso causale atipico). L’art. 41 comma 2° rappresenta quindi, l’unica sede normativa che può dare legittimazione a teorie causali diverse dalla condicio sine qua non. In forza di tale articolo dovrebbe essere escluso il nesso causale, in tutti i casi nei quali l’evento lesivo, non sia inquadrabile in una successione normale di accadimenti.