Premessa

Nei reati commissivi di evento è ricompreso tra gli elementi costitutivi, il nesso di causalità che lega l’azione all’evento stesso; l’imputazione di un evento lesivo richiede infatti, come presupposto di partenza, che il reo abbia materialmente contribuito alla verificazione dell’evento dannoso.

Funzione. L’accertamento del nesso causale è finalizzato a emettere un giudizio di responsabilità quindi, da il rapporto di causalità funge da criterio di imputazione oggettiva del fatto al soggetto. Il nesso causale tra azione ed evento di regola comprova che non solo l’azione, ma anche il risultato lesivo è opera dell’agente, per cui (sussistendo gli altri presupposti) quest’ultimo può essere chiamato a risponderne penalmente.

Ai fini del giudizio è necessario utilizzare una teoria della causalità che bene si presti a spiegare l’incidenza dell’agire umano sugli accadimenti esterni, ma si dibatte tutt’oggi circa la scelta della teoria più idonea. Il codice Rocco contiene, sul nesso di causalità, una disciplina agli artt. 40 e 41, i quali però, si prestano a letture diverse, in quanto non riescono a indicare un modello ben definito e univoco di causalità. Per questo motivo la dottrina ha elaborato varie teorie.

 

La tradizionale teoria condizionalistica: insufficienze

L’art. 40 richiede che l’evento dannoso o pericoloso dal quale dipende l’esistenza del reato, sia conseguenza dell’azione del reo. È necessario individuare a quali condizioni l’evento lesivo può essere considerato conseguenza dell’azione. Secondo la teoria condizionalistica è causa ogni condizione dell’evento, ogni antecedente senza il quale l’evento non si sarebbe verificato. Questa teoria è detta anche dell’equivalenza perché, parifica l’attitudine causale di tutti gli antecedenti necessari all’evento, quindi, perché l’azione umana assurga a causa, è sufficiente che essa rappresenti una delle condizioni che concorrono a produrre il risultato lesivo.

Per accertare il nesso causale si ricorre al procedimento di eliminazione mentale (formula della condicio sine qua non), alla stregua del quale un’azione è condicio sine qua non di un evento, se non può essere mentalmente eliminata senza che l’evento venga meno. Questa formula in alcuni casi porta ad un risultato immediato, ma in molti altri casi non riesce a fornire le indicazioni probanti in merito all’esistenza del nesso eziologico.  (es. nel caso del talidomide e delle macchie blu).

Limiti e obiezioni.

  • Ha un’efficacia limitata, e la sua universalità può essere contestata laddove non si conoscano in anticipo le leggi causali che presiedono ai rapporti tra determinati fenomeni (es. caso del talidomide o delle macchie blu in cui non si sapeva a priori se quelle azioni potevano portare alle conseguenze verificatesi).
  • Proprio perché considera equivalenti tutte le condizioni che concorrono alla produzione dell’evento lesivo, la teoria condizionalistica condurrebbe, se sviluppata fino alle estreme conseguenze, a considerare causali anche i remoti antecedenti dell’evento delittuoso. Regresso all’infinito. (es. si potrebbe sostenere che un omicidio sia da far risalire anche ai genitori dell’omicida che procreandolo hanno creato una condizione indispensabile dell’evento).
  • Altri limiti si notano nei casi di:
  • Causalità alternativa ipotetica, la quale sussiste quando, in mancanza dell’azione del reo, l’evento sarebbe stato egualmente prodotto da un’altra causa intervenuta all’incirca nello stesso momento (es. C fa saltare in aria con la dinamite la casa di B, ma si accerta che la casa sarebbe stata egualmente distrutta da un incendio di vaste proporzioni scoppiato nelle vicinanze per cause naturali quasi contemporaneamente al fatto);
  • Causalità addizionale, che sussiste quando l’evento è prodotto dal concorso di più condizioni, ciascuna capace da sola di produrre il risultato. Anche in questo caso, il ricorso alla formula della condicio sine qua non porta a risultati aberranti. (es. A e B all’insaputa l’uno dell’altro, versano due dosi di veleno, ciascuna capace di produrre l’evento letale, nel bicchiere di birra di un nemico comune, il quale muore dopo averlo bevuto. In questo caso A e B potrebbero tentare di scagionarsi obiettando, rispettivamente che l’evento letale si sarebbe comunque prodotto. Infatti eliminando la condotta di A o di B l’evento morte si verifica ugualmente).
  • Causa sopravvenuta da sola sufficiente, che si ha quando sopraggiunge una causa successiva idonea a determinare l’evento. In tali ipotesi supponendo come non realizzata la seconda azione, l’evento permarrebbe come conseguenza della prima (con la conseguenza paradossale, di considerare priva di efficacia eziologica proprio l’azione direttamente produttiva dell’evento).

 

I correttivi

  • L’obiezione del regresso all’infinito si ridimensiona osservando che, sul terreno dell’imputazione penalistica, si selezionano come antecedenti causali le sole condotte che assumono rilevanza rispetto alla fattispecie incriminatrice di volta in volta considerata. Inoltre bisogna tener conto del dolo o colpa come fattori che contribuiscono a circoscrivere l’ambito di rilevanza di tutti i possibili antecedenti del risultato lesivo. La teoria condizionalistica però, risulta eccessivamente rigorosa nei casi di responsabilità oggettiva, in cui manca la possibilità di ricorrere al correttivo del dolo o della colpa.
  • Le obiezioni riguardo la causalità alternativa ipotetica sono superabili considerando che l’evento come secondo polo del nesso di causalità deve essere concepito non come genere di evento ma come evento concreto che si verifica: ciò che conta è che una catena causale sussista tra l’azione dell’autore e l’evento in concreto, mentre resta irrilevante la circostanza che potrebbero verificarsi eventi analoghi per effetto di altre cause. (Nel caso dell’incendio non avrebbe quindi efficacia liberatoria il fatto che l’evento dannoso si sarebbe comunque verificato). Correttivo del riferimento all’evento concreto.

Il riferimento all’evento concreto comporta che sia essenziale che sussista una catena causale tra l’azione dell’autore e l’evento concreto, mentre è irrilevante la circostanza che potrebbero verificarsi eventi analoghi per effetto di altre cause operanti all’incirca nello stesso momento. (nel caso dell’incendio non importa se poi la casa sarebbe lo stesso stata distrutta).

Quanto alla causalità addizionale occorre precisare che hanno efficacia causale quelle condizioni dell’evento che, cumulativamente considerate, ne costituiscono presupposto necessario e che lo sarebbero alternativamente se l’altra condizione mancasse.

  • Il limite non superabile, principale, di questa teoria è che il metodo della eliminazione mentale non funziona ove non si sappia in anticipo se in generale sussistano rapporti di derivazione tra determinati antecedenti e determinati conseguenti.

Per questo motivo si profilano 2 modelli alternativi di ricostruzione del rapporto di causalità.

Metodo individualizzante, secondo cui l’accertamento del rapporto di causalità si svolge tra accadimenti singoli e concreti, non importa se unici o riproducibili nel futuro. Il giudice, quindi si limita a individuare le connessioni tra eventi ben determinati e circoscritti, senza preoccuparsi di rivenire leggi universali in cui sussumere il rapporto tra i singoli accadimenti. Tale metodo quindi, si affida all’intuizione del giudice, il quale sarebbe libero di scoprire le connessioni causali tra i singoli fatti oggetto del giudizio. La prova del rapporto di causalità tra un antecedente e un conseguente è fornita dallo steso accadimento dei fatti, dalla stessa successione temporale che lega il secondo accadimento al primo. Tale metodo esima il giudice dal ricercare leggi causali idonee a spiegare, da un punto di vista scientifico, perché e come l’evento sia conseguenza dell’azione criminosa.

Metodo generalizzante presuppone che il giudizio causale debba fornire una spiegazione adeguata dell’evento concreto e la spiegazione del nesso causale debba avvenire esclusivamente alla stregua del modello della sussunzione sotto leggi scientifiche. Secondo questo modello, un antecedente può essere configurato come condizione necessaria solo a patto che esso rientri nel novero di quegli antecedenti che, sulla base di una successione regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica (legge generale di copertura), portano ad eventi del tipo di quelli verificatesi in concreto. Occorre che l’accadimento particolare possa essere spiegato sulla base di una legge generale di copertura, la quale permetta di sussumer in se stessa il rapporto azione- evento concepiti non come fenomeni singolari e irripetibili, ma come accadimenti riproducibili in presenza del ricorrere di determinate condizioni.

Le leggi generali di copertura accessibili al giudice ai fini de processo penale sono:

  • Le leggi universali, che sono leggi in grado di affermare che la verificazione dell’evento è invariabilmente accompagnata dalla verificazione di un altro evento. Queste leggi soddisfano totalmente le esigenze di certezza.
  • Le leggi statistiche, che sono leggi che si limitano ad affermare che il verificarsi di un evento è accompagnato dal verificarsi di un altro evento soltanto in una certa percentuale di casi. Tali leggi sono tanto più dotate di validità quanto più sono suscettibili di ricevere conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili. Concettualmente bisogna distinguere tra :

Probabilità statistica, che è ricavata dall’osservazione dei fenomeni ripetuta nel tempo e indica il grado di frequenza con cui la connessione tra certi antecedenti e conseguenti si verifica nel mondo esterno.

La probabilità logica che indica il grado di fondatezza o credibilità razionale con cui si può sostenere che la legge statistica trovi applicazione anche nel singolo caso concreto oggetto di giudizio.

Ovviamente ciò che conta è che la legge statistica trovi applicazione anche nel caso concreto stante l’alta probabilità logica che siano da escludere fattori causali alternativi.

 

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