Nel caso di deliberazione di contrattare invalida (o addirittura in carenza di tale deliberazione), si viene a realizzare, mancando la necessaria autorizzazione, un difetto di legittimazione dell’organo deputato alla dichiarazione negoziale. Nel caso di un contratto concluso in difformità da quanto previsto nella deliberazione stessa, invece, si realizza una forma di eccesso di potere, che configura un vizio di consenso dell’ente. In entrambi, la conseguenza è l’annullabilità del contratto stesso ad iniziativa esclusiva dell’amministrazione interessata

A fronte della patologia della deliberazione di contrattare, attinente l’eventuale determinazione dell’amministrazione di avvalersi della procedura negoziata (trattativa privata) per la individuazione del contraente, in luogo di quella aperta o ristretta, è generalmente ammessa la legittimazione ad agire dei terzi. Perciò, le imprese operanti nel settore interessate dal contratto in formazione possono impugnare tale determinazione, sulla base del diritto costituzionalmente tutelato all’iniziativa economica e del principio comunitario di libera concorrenza.

Salvi i casi in cui il bando di gara, immediatamente lesivo, deve essere impugnato dall’interessato, in genere la contestazione per motivi di legittimità della procedura competitiva va portata nei confronti dell’atto di aggiudicazione definitiva. È quest’atto, infatti, che determina il risultato della gara e produce un vincolo per l’amministrazione e per l’altro contraente, secondo lo schema negoziale dell’accettazione da parte pubblica dell’offerta del soggetto privato prescelto.

In sede di autotutela decisoria, con adeguata motivazione, l’amministrazione può annullare o revocare gli atti amministrativi della fase di formazione del contratto, ivi compresa la medesima aggiudicazione.

Si tratta di un potere unilaterale che rientra nella sfera di discrezionalità dell’amministrazione appaltante.

In caso di annullamento da parte del giudice amministrativo dell’atto di aggiudicazione, l’orientamento tradizionale, circa la sorte del contratto concluso, rimetteva all’iniziativa dell’amministrazione l’azione per l’annullamento del contratto da parte del giudice civile, secondo lo schema dell’art. 1441 c.c.

Recenti pronunce, invece, hanno riconosciuto al concorrente non aggiudicatario e terzo, rispetto al contratto stipulato dall’amministrazione, la legittimazione a ottenere – nello stesso giudizio amministrativo promosso per l’annullamento dell’atto di aggiudicazione – l’elisione del vincolo contrattuale così insorto, facendone valere, secondo le diverse argomentazioni, la nullità ex art. 1418 c.c. o la caducazione automatica per mancanza del presupposto o l’inefficacia sopravvenuta per ”mancanza legale del procedimento”.

Ciò anche al fine di poter richiedere la reintegrazione in forma specifica, ossia l’aggiudicazione del contratto o la ripetizione della gara, a seconda delle circostanze, indipendentemente non solo dall’avvenuta stipulazione del contratto con il precedente aggiudicatario, ma talora anche dall’inizio dell’esecuzione dello stesso

 

 

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