A seconda della causa del contratto

I contratti tipici sono quelli espressamente previsti dal titolo III del libro IV del codice civile (vendita, somministrazione, locazione, appalto, trasporto, ecc.)

Per questi contratti tipici non esistono limitazioni di genere per le pubbliche amministrazioni, salvo previsioni espresse in senso contrario per singole amministrazioni ovvero in relazione a singoli contenuti o a singoli oggetti del concreto regolamento contrattuale, con riferimento ai principi generali dell’azione amministrativa o della normativa di contabilità pubblica

Si è discusso, anche in giurisprudenza, circa la utilizzabilità da parte delle pubbliche amministrazioni del contratto di compravendita di cosa futura avente per oggetto un bene immobile in luogo di un contratto di appalto, proprio in quanto il primo, pur previsto dal codice civile (art. 1472 c.c.), risulta carente di analoga previsione nella legislazione statale di contabilità: di recente, l’Adunanza generale del Consiglio di Stato, con la decisione n. 2 del 2000, ha stabilito che il ricorso alla figura della compravendita di cosa futura non può ”essere espunto (tolto) dall’ordinamento” delle amministrazioni, anche se deve essere circondato da cautele atte a evitare simulazioni e frodi alla legge, in particolare essendo tenuta l’amministrazione, in questo caso, a ”dar conto di una serie complessa di accertamenti e valutazioni”.

Nei contratti misti, risultanti dalla combinazione di più tipi previsti dal codice civile, è la normativa, in particolare quella comunitaria, che individua la disciplina da applicare. I criteri sono quello della ”prevalenza” economica, cioè del maggior valore del tipo di prestazioni concretamente dedotte nel contratto; quello della relazione ”principale-accessorio”, considerata con riguardo all’oggetto del contratto stesso; quello della specialità, per alcune tipologie di interventi in relazione alla qualità degli stessi.

Il fenomeno dei contratti misti è abbastanza ricorrente: si pensi ad un contratto di appalto misto per lavori e servizi oppure ad un contratto misto per appalto di lavori e per fornitura di beni ovvero ad un contratto misto per appalto di servizi e forniture di beni.

Negli ultimi anni la giurisprudenza ha sancito che anche le pubbliche amministrazioni possono ricorrere a contratti atipici, a regolamenti contrattuali integralmente nuovi, quale manifestazione dell’autonomia contrattuale, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. È estraneo, quindi, il limite della tipicità degli atti alla sfera dell’autonomia contrattuale delle amministrazioni stesse.

Spesso, nell’ambito dell’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni, hanno trovato utilizzo figure (o combinazioni di figure) sorte nell’ambito dei rapporti interprivati. In particolare, lo sponsoring è penetrato nell’ordinamento italiano come contratto innominato a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive.

Successivamente, però, esso è stato, per un verso, legificato per le amministrazioni pubbliche (art. 43, legge n. 449/1997, e in particolare per gli enti locali art. 119, d.lgs. n. 267/2000), e, per altro, integrato nella pratica amministrativa. Da ultimo, poi, esso è stato riconosciuto legittimo dalla giurisprudenza, in un nuovo tipo di contratto misto, come prestazione accessoria di una figura contrattuale a sua volta atipica quale il contratto per il servizio di tesoreria dell’ente pubblico.

 

A seconda dell’interesse economico: attivi e passivi

La distinzione tra contratto attivo e contratto passivo dipende dal criterio ordinatore.

Quindi, se il criterio di riferimento è quello degli effetti del contratto sul bilancio dell’ente pubblico, saranno da intendersi come attivi quei contratti che comporteranno l’acquisizione di una entrata a vantaggio del bilancio stesso e, per converso, come passivi quei contratti che comporteranno un esborso di danaro a carico del bilancio pubblico.

Se, invece, il criterio è piuttosto quello dell’incidenza sul patrimonio dell’ente pubblico, si intenderanno come attivi i contratti che comporteranno un incremento del patrimonio stesso e, per converso, passivi quelli a cui seguirà un decremento del patrimonio pubblico (ad esempio, un contratto di alienazione di un immobile da parte dell’ente pubblico)

criterio prevalente di aggiudicazione Per i contratti attivi è quello del prezzo, mentre per i contratti passivi esso deve confrontarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Questo perché, per i contratti dai quali derivi una entrata per lo Stato, preceduti da pubblici incanti, l’obiettivo è, ovviamente, la massimizzazione delle relative entrate

 

A seconda della disciplina: di diritto comune – di diritto speciale

Di diritto comune sono quelli il cui nucleo essenziale di disciplina trova la propria fonte nelle disposizioni del codice civile, anche se con variazioni non irrilevanti, talvolta fin dalla stessa definizione del tipo contrattuale. Così, per l’art. 19, legge n. 109/1994 e successive modificazioni, ”i contratti di appalto di lavori [pubblici] sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e [uno dei soggetti sottoposti alla legge], aventi per oggetto:

a) la sola esecuzione del lavori pubblici;

b) la progettazione esecutiva [… ] e l’esecuzione di lavori pubblici”, secondo la più ampia indicazione che dei ”lavori” dà la legge stessa rispetto all’art. 1655 c.c.

Ovvero, per l’art. 3, d.lgs. n. 157/1995,”gli appalti pubblici di servizi sono contratti a titolo oneroso, conclusi per iscritto tra un prestatore di servizi e un’amministrazione aggiudicatrice, aventi ad oggetto la prestazione dei servizi elencati negli allegati 1 e 2”. In tal modo la norma pubblicistica ha tipizzato una manifestazione dell’agire contrattuale delle PPAA.

O ancora, per l’art. 2, d.lgs. n. 358/1992 e successive modificazioni, ”le pubbliche forniture sono contratti a titolo oneroso aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione, l’acquisto a riscatto con o senza opzioni per l’acquisto, conclusi per iscritto tra un fornitore e una delle amministrazioni”, anche in questo caso fornendo una definizione più ampia di quella che l’art. 1559 c.c. dà del contratto di somministrazione.

Sono contratti di diritto speciale quelli in relazione ai quali la pubblica amministrazione è necessariamente una delle parti o, comunque, predetermina, in forza di una riserva, le regole specifiche di svolgimento del rapporto, comportando questo elemento una disciplina profondamente diversa da quella contemplata per analoghe figure dal codice civile. Il regolamento negoziale, quindi, non è frutto di uno scambio di consensi. I tipi principali sono quelli dei giochi e delle scommesse (artt. 1469 e 1933-1935 c.c.), da un lato, e del debito pubblico, dall’altro (art. 1813 c.c.)

Sia nel gioco e nella scommessa che nei contratti del debito pubblico, alle entrate acquisite al momento della formazione del contratto dovrebbero corrispondere uscite derivanti dal verificarsi dell’evento (dedotto in contratto appunto in termini di pronostico o scommessa) o dalla scadenza del termine previsto per la restituzione del debito.

Tuttavia, mentre per i primi l’evento è aleatorio, per i secondi è certo. Trattandosi di contratti ai quali non necessariamente corrisponde una uscita, la loro disciplina si differenzia da quella stabilita dalle regole ordinarie di contabilità pubblica, che prescrivono invece forme di certezza per quanto riguarda termini, durata e prezzo delle prestazioni dedotte in contratto.

 

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