Le funzioni sono distribuite fra gli uffici della P.A. e materialmente svolte da persone fisiche le quali prestano la propria attività al servizio della P.A. stessa. Il personale che presta servizio presso le P.A. in alcuni casi assume la titolarità degli uffici pubblici.
La relazione che lega il personale può avere due aspetti differenti.
Il rapporto di ufficio e di servizio
Il rapporto di servizio, riguarda l’attività lavorativa che il dipendente si obbliga a prestare in cambio di una retribuzione.
Il rapporto d’ufficio, produce il collegamento giuridico tra il dipendente ed una componente dell’organizzazione. Mediante questo la persona fisica (funzionario pubblico) assume la titolarità di un ufficio e la capacità di esercitare i poteri e le funzioni che le norme attribuiscono a tale ufficio e compiere atti giuridici rilevanti all’esterno dell’amministrazione.
Principi comuni ai titolari d’ufficio
La titolarità dell’ufficio si acquisisce per nomina da parte di titolare di altro ufficio o per elezione. La si può perdere per dimissioni, scadenza del termine quando l’incarico è temporaneo, per revoca o rimozione decisa dalla stessa autorità che l’ha conferita o altra autorità.
Esistono alcuni principi che si applicano a tutti i titolari di uffici:
continuità dell’ufficio: in caso di impedimento temporaneo del titolare subentra il supplente o vicario se nominato. Altrimenti l’ufficio può essere affidato al titolare di altro ufficio che ne diviene il reggente. Quando il rapporto di ufficio si estingue per scadenza del termine il titolare resta in carica fino alla nomina del successore con una proroga max di 45 giorni, dopodiché i suoi atti divengono nulli. Durante la proroga deve limitarsi all’ordinaria amministrazione.
conferimento della titolarità degli uffici : secondo l’articolo 51 della Cost. tutti i cittadini di entrambi i sessi possono
– accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive…
– adempiere alle funzioni con disciplina ed onore art 54 della Cost.
– mantenere separati l’interesse (e patrimonio) dell’ufficio da quello del titolare
Il personale non volontario
Gli uffici possono essere conferiti a diverse specie (o tipi) di titolari che si distinguono in base al rapporto di servizio. Esso può essere di tipo obbligatorio o volontario: nel primo caso il servizio è imposto dall’ P.A. anche contro la volontà dell’interessato (servizio di leva).
Il personale non professionale
Il personale volontario si distingue in personale professionale e non professionale (onorario). Le due specie si differenziano in base al rapporto di servizio, o meglio si distinguono in base al tipo di collegamento fra la titolarità dell’ufficio e il rapporto di servizio.
Un funzionario non professionale costituisce con la P.A. un rapporto d’ufficio che ha carattere preponderante rispetto a quello di servizio che passa in secondo piano. Da ciò derivano una serie di caratteri che distinguono il funzionario onorario da quello professionale:
– scelta politico-discrezionale che non presuppone un concorso, in genere per nomina o elezione vincolati a cause di incandidabilità (condanne penali), ineleggibilità (cariche rivestite), incompatibilità (conflitto di interessi).
– Disciplina dei diritti e degli obblighi, generalmente molto ridotti poiché l’aspetto professionale (lavoro – retribuzione) assume valore marginale prevalendo l’identificazione del funzionario nell’organizzazione.
– Il compenso poiché non è un elemento essenziale del rapporto e in ogni caso non costituisce una vera retribuzione ma tutt’al più una indennità percepita a titolo di rimborso degli oneri sostenuti, anche se considerando che l’attività assorbe l’intera capacità lavorativa del funzionario ora la legge riconosce indennità cospicue. Ora gli amministratori oltre a percepire una indennità di funzione hanno diritto, a richiesta, se lavoratori dipendenti all’aspettativa per il periodo del mandato.
– Rapporto a termine, in quanto di natura politica. Infine quanto alla tutela la giurisdizione sulle controversie relative ai funzionari onorari è ripartita tra giudice ordinario e giudice amministrativo sulla base del comune criterio della situazione soggettiva lesa. La categoria del personale non professionale comprende parlamentari, membri del governo, amministratori di enti pubblici, presidenti di regioni, assessori consiglieri regionali, amministratori di enti locali, membri di organi collegiali. La titolarità dell’ufficio è conferita secondo un criterio di rappresentanza politica (elezione) oppure rappresentanza di interessi. Essi rappresentano uno strumento di attuazione del principio democratico, un meccanismo di collegamento tra società e amministrazione.
Il personale professionale
Invece assume la titolarità dell’ufficio a seguito di un concorso, selezionato per merito, pone permanentemente e continuativamente la propria capacità lavorativa al servizio della P.A. in cambio di una retribuzione. In questo caso il rapporto di servizio esiste indipendentemente dal rapporto d’ufficio, e si conserva anche in seguito all’assunzione di incarichi diversi.
Il rapporto d’ufficio è da considerarsi addirittura eventuale dato che non tutto il personale professionale è titolare di uffici. Gli uffici a titolarità onoraria sono in genere espressione di rappresentanza politica (principio democratico), gli uffici a titolarità professionale riflettono il criterio del merito (principio di imparzialità amministrativa). Alla prevalenza del principio democratico è ispirata la regola che vuole la titolarità degli organi riservata al personale onorario di estrazione politica.
Le funzioni di gestione amministrativa, che impegnano la P.A. verso l’esterno sono però intestate agli uffici dirigenziali la cui titolarità spetta a personale professionale. Questi non a caso, presentano alcuni caratteri tipici del rapporto di tipo onorario, esempio, natura politico-discrezionale dell’incarico e sua temporaneità. Il personale professionale costituisce la maggioranza del personale pubblico ma non la maggioranza dei titolari di uffici pubblici. Nella maggior parte dei casi il personale professionale è titolare di uffici ”privati” della P.A. La regolamentazione dei professionali può essere retta dal diritto pubblico oppure dal diritto privato in quanto il pubblico impiego è il rapporto di lavoro privato con le pubbliche amministrazioni. Il rapporto di lavoro con la P.A. presenta i tratti della subordinazione e della stabilità.
Il personale precario
Ha una rapporto di servizio in cui è presente la subordinazione ma non la stabilità. E’ assunto per esigenze straordinarie, per un periodo determinato, senza concorso e fuori organico ma generalmente, prima o dopo, mediante appositi provvedimenti legislativi immesso stabilmente in ruolo. In tal modo i precari si sottraggono al concorso e per tale motivo la Corte Costituzionale in passato ha posto divieti a tale forma di assunzione.
Anche il d.lg. n. 165/2001 stabilisce che questo tipo di assunzioni è subordinato al rispetto delle disposizioni in materia di reclutamento e dispone che la violazione a norme imperative riguardanti l’assunzione o impiego di lavoratori da parte di P.A. non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Tuttavia, nel quadro di una generale tendenza verso la flessibilità dei rapporti di lavoro, anche nel settore pubblico il lavoro a tempo determinato sta trovando sempre più applicazione.
Al personale con rapporto di lavoro autonomo
Fa difetto sia l’elemento della stabilità sia quello della subordinazione. Tale personale è assunto per far fronte ad esigenze straordinarie non colmabili con personale in servizio, per le quali è richiesto personale di comprovata competenza, esperienza, determinando con essi preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
In taluni casi, tali soggetti possono diventare anche titolari di un ufficio pubblico (es. commissioni di concorso); in tal caso si configurano come funzionari onorari anche se la loro titolarità non trova fondamento nella rappresentanza politica ma nella particolare qualifica professionale.
La disciplina europea per il personale professionale
Il diritto europeo influisce sulle discipline nazionali relative al personale professionale al servizio delle pubbliche amministrazioni degli Stati membri. Le norme europee proteggono la libertà di circolazione del lavoratori: in base a tale principio la C. E. vieta agli stati membri di introdurre o mantenere discriminazioni in ordine all’accesso al lavoro fondate sulla nazionalità tranne che per l’accesso a taluni impieghi nella P.A. per il quale la stessa C.E. ha determinato regole da rispettare.
Il requisito della nazionalità può essere imposto esclusivamente per l’accesso a quei posti che implicano partecipazione all’esercizio di poteri pubblici, ovvero tutela di interessi generali. Il d.P.C.M. n.174/1994 indica tassativamente i posti e le funzioni delle P.A. italiane per i quali può essere stabilito il requisito di cittadinanza italiana: dirigente nelle amministrazioni statali, funzioni di vertice amministrativo, degli enti pubblici, delle province, comuni e regioni, Banca d’Italia, magistrati ordinari, amministrativi, militari, avvocati, procuratori, ministri dell’interno, difesa, giustizia, esteri,, economia, corpo forestale.
Gli impieghi che comportano lo svolgimento di attività che possono essere svolte anche da soggetti privati sono assoggettati al principio di libera circolazione. Il diritto europeo non impone agli Stati di sottoporre le due tipologie di impiego a diversi regimi giuridici: di diritto pubblico, per gli impieghi sottratti alla libera circolazione, di diritto privato, per quelli che vi sono assoggettati.