La riduzione del capitale sociale. La riduzione reale
Anche la riduzione del capitale sociale può essere reale o nominale, a seconda che la riduzione dia luogo ad un corrispondente rimborso ai soci del valore dei conferimenti, accompagnato da una contestuale riduzione del patrimonio sociale (art. 2445). È riduzione nominale, la riduzione del capitale sociale per perdite, consistente in un’ operazione di natura contabile. La riduzione reale del capitale resta però circondata da una serie di cautele sostanziali e procedimentali (art. 2445), in quanto operazione potenzialmente pericolosa per i creditori sociali e per i soci di minoranza: riduce la consistenza del patrimonio sociale e può pregiudicare lo svolgimento dell’attività di impresa. La riduzione è assoggettata alle seguenti limitazioni:
a) il capitale non deve scendere al di sotto del limite legale (120.000 euro);
b) se la società ha emesso obbligazioni, la riduzione facoltativa non può avvenire se, rispetto all’ ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione, il limite previsto per l’ emissione delle obbligazioni stesse non risulta più rispettato.
La riduzione può avvenire in uno dei seguenti modi:
- rimborsando parte dei conferimenti ai soci o liberandoli dall’ obbligo di eseguirli;
- acquistando azioni proprie e annullandole;
- mediante sorteggio di azioni e rimborso alla pari ai portatori (in genere ai soci sorteggiati e rimborsati vengono distribuite <<azioni di godimento>>).
Nel caso di società cui si applichi l’ art. 2357.3, la riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che, in seguito ad essa, le azioni proprie eventualmente possedute dalla società non eccedano la quinta parte del capitale sociale. Deve essere altresì assicurata, in ogni caso, la parità di trattamento fra soci.
La riduzione del capitale per perdite (o nominale)
Consiste in un’ operazione di carattere puramente contabile, volta ad adeguare la cifra del capitale sociale nominale all’ effettivo minor valore del capitale reale. In questi casi, la riduzione, in sè e per per sè, non arreca alcun danno ai creditori sociali, in quanto la stessa non fa altro che manifestare una diminuzione dell’ entità del patrimonio sociale, che si è già prodotta per effetto di perdite.
Tecnicamente, si ha perdita del capitale sociale quando il patrimonio netto dell’ ente (e cioè il complesso delle attività detratte le passività) diviene inferiore al capitale nominale. Secondo un orientamento assolutamente consolidato, tale fenomeno si verifica dopo che le perdite abbiano completamente eroso tutte le riserve sociali che devono essere immediatamente utilizzate per il cosiddetto abbattimento delle perdite.
Tradizionalmente vengono distinte diverse ipotesi:
a) perdite sotto il terzo del capitale sociale: la riduzione del capitale è solo facoltativa e viene attuata secondo la disciplina delle modificazioni dell’ atto costitutivo, per cui occorrerà una delibera dell’ assemblea straordinaria da adottarsi con le maggioranze per essa previste;
b) perdite oltre il terzo del capitale sociale: si impone, in capo all’ organo gestorio, l’ obbligo di attivarsi e provvedere alla convocazione dell’ assemblea per l’ adozione degli opportuni provvedimenti. Nell’ ipotesi in cui sia stato disposto un <<rinvio a nuovo>> delle perdite accertate, se, entro l’ esercizio successivo, la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve obbligatoriamente ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza, gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza dovranno chiedere al Tribunale che venga disposta la riduzione con decreto soggetto a reclamo, il quale va iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori;
c) perdite oltre il terzo e capitale sotto il minimo legale: gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza, devono provvedere alla convocazione dell’ assemblea. Questa deve deliberare necessariamente o la riduzione del capitale in ragione delle perdite ed il contestuale aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo legale, o la trasformazione della società in un tipo per il quale è previsto un capitale minimo inferiore, ad es. in una società a responsabilità limitata, ovvero in una società a base personale. Nell’ ipotesi in cui l’ assemblea, appositamente convocata, non assuma alcuna delle delibere consentite, la società si scioglie ed entra in stato di liquidazione. La gravità di questa situazione è accentuata rispetto a quella esaminata sopra; non è possibile temporeggiare e sono rigorosi i comportamenti cui sono tenuti gli amministratori, con tempestività, dal momento che l’ integrità del capitale sociale è lesa in misura non tollerabile;
d) perdite dell’ intero capitale: si applicano, nella prassi, le disposizioni previste per la riduzione del capitale al di sotto del limite legale, con la conseguente possibilità per l’ assemblea di azzerare il capitale e, contestualmente, procedere ad un aumento di esso per la sua ricostruzione;
e) perdite superiori al capitale: la società può procedere a tre tipi di operazioni:
– successive riduzioni e aumenti in maniera da ristabilire almeno il minimo legale;
– coperture mediante versamenti di somme a fondo perduto. (Consiste nella consegna alla società di somme di denaro con la contestuale rinuncia a chiederne la restituzione. Tale versamento può essere fatto da tutti i soci o da alcuni soltanto ed è finalizzato alla ripresa dell’ attività sociale);
– riduzione a zero, aumento mediante emissione di azioni con sovrapprezzo e imputazione di quest’ ultimo a una riserva destinata all’ assorbimento della perdita.