Alcune categorie di azioni speciali sono espressamente previste e regolate dal legislatore. La società gode tuttavia di ampia autonomia nel modellare il contenuto della partecipazione azionaria, anche se con alcuni limiti. Fra i limiti espressi permane dopo la riforma del 2003 il divieto di emettere azioni a voto plurimo (art. 2351, 4comma), azioni cioè che attribuiscono ciascuna più di un voto. Con la riforma del 2003 tutte le società possono emettere azioni senza diritto di voto, in passato consentite solo per le società quotate (azioni di risparmio) a partire dal 1974.
Nel contempo sono scomparse le azioni privilegiate a voto limitato e si consente a tutte le società:
a) la creazione di azioni ” con diritto di voto limitato a particolari argomenti”;
b) di azioni ” con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative”. L’azione senza voto, a voto limitato e a voto condizionato non possono tuttavia superare complessivamente la metà del capitale sociale.
Alle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è inoltre consentita anche di prevedere che:
A) il diritto di voto sia limitato ad una misura massima;
B) si è introdotto il cosiddetto voto scalare.
Con l’attuale disciplina è caduto per le società non quotate il principio che il voto può essere escluso o limitato solo se le relative azioni sono assistite da privilegi patrimoniali. Resta invece fermo il principio che possono essere emesse azioni privilegiate anche senza limitazione dei diritti amministrativi (art. 2350).
Le azioni privilegiate sono azioni che attribuiscono ai loro titolari un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società. Col solo limite del divieto di patto leonino (art. 2265), la società è perciò libera di articolare come preferisce il contenuto patrimoniale di tali azioni. È altresì consentita l’emissione di azioni fornite diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale di un determinato settore, anche quando non si danno vita a patrimoni separati destinati solo ad uno specifico affare.
Lo statuto deve tuttavia stabilire ” i criteri di individuazione dei costi e ricavi imputabili al settore, le modalità di rendicontazione, i diritti attribuiti a tali azioni, nonché le eventuali condizioni e modalità di conversione in azioni di altra categoria” (art. 2350, 2 comma). In ogni caso, ai possessori di azioni correlate non possono essere corrisposti dividendi in misura superiore agli utili risultanti dal bilancio generale della società.