L’affermazione secondo cui Sutherland è stato probabilmente il criminologo più influente del ventesimo secolo si deve soprattutto al credito riconosciuto alla sua teoria, detta delle associazioni differenziali. Si tratta di un’ipotesi che presenta non pochi punti di contatto con la teoria delle neutralizzazioni sia sotto il profilo del rilievo che entrambe ammettono al momento comunicativo, sia perché proprio le tecniche di neutralizzazione del comportamento deviante costituiscono una componente cruciale delle definizioni favorevoli alla violazione della legge cui si riferisce Sutherland.
Laureatosi nell’università di Chicago, Sutherlandvi insegnò per 5 anni ma la sua influenza fu intensa. Ritenne di arricchire la teoria di organizzazione sociale differenziale con una prospettiva psico-sociale fondamentalmente centrata sull’apprendimento, la comunicazione e la trasmissione interpersonale dei comportamenti criminali. Il punto di congiunzione tra i due ambiti teorici veniva allora a localizzarsi nella consapevolezza di come una tale trasmissione dei valori antigiuridici risultasse più estesa e agevole nelle aree caratterizzate da una particolare diffusione di modelli criminali.
In ogni caso una componente centrale del pensiero di Sutherland resta la forte vena antipositivistica e dunque la netta opposizione a ogni idea di spiegazione del crimine sulla base di fattori patologici, individuali o sociali. Sullo sfondo della teoria si pone l’idea di un conflitto normativo o culturale derivante dal fatto che la società è suddivisa in gruppi in contrasto rispetto a certe norme valori o interessi.
L’area dell’illiceità penale si definisce a seguito della capacità del gruppo sociale dominante di mobilitare il potere statuale a tutela dei valori e degli interessi da esso perseguiti e di criminalizzare condotte tenute dagli appartenenti a gruppi subalterni. La teoria delle associazioni differenziali era definita causa necessaria perché sembrava che nessuno potesse esprimere un comportamento criminale se non si fosse associato con modelli di quel tipo.
Sutherland rivendicava inoltre per la sua teoria il carattere della generalità, ritenendola applicabile a tutte le aree criminali pur riconoscendo che nei diversi contesti ne fosse necessario un adattamento attraverso un’analisi empirica dell’influenza esercitata dai processi differenziali e dunque che essa potesse ritenersi in realtà formata da numerose sottoteorie parallele ma distinte.
Tra i metodi utilizzati per raggiungere tali obiettivi egli menzionò innanzi tutto quello dell’astrazione logica → si può giungere a formulare una generalizzazione riguardante il reato e il comportamento criminale astraendo logicamente le condizioni e i processi che sono comuni ai ricchi e ai poveri, maschi e femmine, emotivamente stabili e instabili che commettono reati. Altri metodi impiegati sono la differenziazione dei livelli di analisi e l’induzione analitica. Quest’ultima consisteva nell’enunciare l’ipotesi e verificarla rispetto a un caso, se non si adatta modificare l’ipotesi o ridefinire l’universo a cui si è applicata e provarla.
Teoria associazioni differenziali → comportamento criminale è appreso a contatto con individui che definiscono tale comportamento favorevolmente e in isolamento da altri individui che di esso danno una definizione sfavorevole. Nelle condizioni adatte una certa persona tiene un comportamento criminale soltanto se le definizioni favorevoli prevalgono su quelle sfavorevoli.
Gabriel Tarde → elabora la teoria dell’imitazione: gli uomini imitano gli altri quanto più intimi sono i loro contatti. Al modello sutherlandiano delle associazioni differenziali non sia estranea un’idea epidemiologica della genesi del crimine. Ulteriori proposizioni completano la formulazione della teoria:
- il comportamento criminale è un comportamento appreso
- il comportamento criminale è appreso attraverso il contatto con altre persone per mezzo di un processo di comunicazione
- è appreso fondamentalmente nell’ambito di gruppi caratterizzati da stretti rapporti interpersonali
- si apprendono anche le tecniche di realizzazione del crimine e uno specifico orientamento di motivi, impulsi e razionalizzazioni e atteggiamenti
- lo specifico orientamento dei motivi e impulsi è appreso dalle definizioni favorevoli o sfavorevoli relative all’ordinamento giuridico
- si diventa delinquenti a causa della prevalenza delle definizioni favorevoli alla violazione della legge rispetto a quelle sfavorevoli
- le associazioni differenziali possono presentare specifiche caratteristiche di frequenza, durata, priorità e intensità
- nel processo di apprendimento del comportamento criminale attraverso l’associazione con modelli criminali e anticriminali sono presenti tutti i meccanismi propri di qualsiasi altro tipo di apprendimento
- il comportamento criminale ancorché espressione di bisogni e valori generali non è spiegabile sulla base di questi dal momento che anche il comportamento non criminale è espressione dei medesimi bisogni e valori.
Sutherland ritiene di conferire rilevanza alle condizioni di scelta del comportamento delinquenziale nel senso che sarebbe solo in relazione alle alternative esistenti al momento di decidere che il soggetto opterà per la commissione di un crimine oppure per un comportamento lecito. Si è negato che la teoria attribuisse rilievo ai semplici contatti o alle associazioni criminali, cosa che l’avrebbe esposta a facile critica.
Di particolare è poi la precisazione di come, nella teoria, il contatto che assume rilievo quale fattore causale del crimine non sia quello con i delinquenti ma con i modelli di comportamento favorevoli alla delinquenza. Fra le critiche più note quella per cui la teoria non spieghi né l’origine della criminalità né la criminalità di coloro che non hanno avuto un precedente contatto con criminali. A questo genere di rilievi si è spesso replicato come quella delle associazioni differenziali sia una teoria astratta e non suffragabile a livello empirico. Secondo Cressey (allievo di Sutherland) dovrebbe essere considerata un principio del conflitto normativo.
Altrettanto scontato per una teoria sostenuta dalla pretesa di applicarsi a tutti i tipi di criminalità, è che la critica criminologica ne abbia segnalato innumerevoli eccezioni ossia comportamenti criminali cui essa non sembrava adattarsi. Maggior interesse rivestono le critiche secondo cui l’associazione differenziale non terrebbe conto a sufficienza delle diverse modalità di percezione da parte dei singoli individui, dei modelli criminali e anticriminali con cui vengono a contatto. Si accredita un certo fondamento a questa critica dove essa lamenta che la teoria non abbia meglio identificato le componenti delle definizioni favorevoli e non alla violazione della legge.