L’esercizio collettivo dello sciopero
L’astensione dal lavoro, che rappresenta la condotta risultante dall’esercizio del diritto di sciopero, non costituisce in questo caso inadempimento contrattuale, ma dà luogo alla sospensione delle obbligazioni reciproche tra scioperanti e datori.
Sebbene dal punto di vista della titolarità in astratto non si riesca a qualificare unanimemente lo sciopero, è evidente che:
- Esso serve alla realizzazione/tutela di un interesse collettivo
- Non può che essere esercitato collettivamente.
Di solito dunque esso viene proclamato dal sindacato, ma in mancanza può procedere alla proclamazione anche un gruppo spontaneo, visto che lo sciopero serve ad un interesse collettivo.
La conferma viene dalla legge 146/1990 che ha regolato lo sciopero nell’ambito dei servizi pubblici essenziali; essa infatti parla genericamente di “soggetti che promuovono lo sciopero” senza specificare se organizzati (sindacati) o meno.
Essa ha anche stabilito l’obbligo della proclamazione; lo scopo (oltre a quelli indicati al paragrafo precedente) è anche quello di sottoporre ad un controllo preventivo il contenuto delle rivendicazioni.
Questo controllo comunque non riguarda il profilo della legittimità, anche se appare necessario, soprattutto quando lo sciopero è indetto da un gruppo spontaneo; visto infatti che lo sciopero serve ad un interesse collettivo, sarebbe inammissibile un’astensione attuata per fini meramente individuali; d’altra parte però rientra ugualmente nella sfera dell’art.40 Cost. quella astensione attuata a causa di fatti sì riguardanti singoli lavoratori, ma suscettibili di estendersi collettivamente a tutti i dipendenti (si può configurare ad es. il caso di uno “sciopero di solidarietà”).
I soggetti dello sciopero
Soggetti attivi dello sciopero sono i lavoratori subordinati, a prescindere dalla categoria/qualifica, durata o tipologia del contratto, se dipendenti pubblici[1] o privati.
- Nei servizi pubblici essenziali
La legge 146/1990 ha invece introdotto dei limiti per l’esercizio del diritto di sciopero nell’ambito delle aziende erogatrici di servizi essenziali, ma si tratta di limiti oggettivi e non soggettivi (a parte qualche ipotesi specifica); sono stati anzi abrogati gli art.330 e 333 C.p. che punivano l’abbandono individuale o collettivo del posto di lavoro pubblico.
- Lo sciopero dei marittimi
Ipotesi problematica è quella dello sciopero dei marittimi, dato che l’art.1105 Cod. Nav. punisce il reato di ammutinamento; la Corte Cost. ha ammesso la liceità dello sciopero, che però non può essere esercitato durante le fasi della navigazione per non mettere in pericolo l’incolumità dei passeggeri e l’integrità del patrimonio del datore.
- Lavoratori parasubordinati e piccoli imprenditori
Anche a queste categorie di lavoratori è riconosciuto il diritto di sciopero quale strumento di pressione per l’autotutela di diritti inerenti alla professione; la Corte Cost. in particolare ha dichiarato illegittimo l’art.506 c.p. che puniva la serrata dei piccoli esercenti industrie e commerci, che è assimilabile allo sciopero, solo se questi soggetti non hanno dipendenti.
La ratio che ha ispirato quest’orientamento (che è stato recepito anche dalla Cassazione)è quella di tutelare soggetti economicamente e socialmente deboli; e infatti è stato escluso lo sciopero legittimo per i farmacisti, i quali sono stati considerati imprenditori; è decisiva quindi una valutazione sul piano oggettivo delle reale forza del soggetto che promuove lo sciopero.
- Lavoratori autonomi
L’art.40 Cost. si può estendere anche a talune categorie di lavoratori autonomi, ma certamente non a quelli che hanno sotto di sé dei dipendenti; è sorto qui in particolare il problema dello sciopero degli avvocati; secondo la Corte Cost. esso non è manifestazione astensiva ex art.40 Cost., ma piuttosto esercizio della libertà di associazione, libertà che facendo parte di quelle fondamentali, ha una tutela anche più estesa dello sciopero stesso.
Tuttavia anche questa non è esente da limiti (nel caso di specie: preavviso, durata, indicazione delle prestazioni indispensabili); in particolare nell’ipotesi citata si deve trovare il giusto equilibrio tra la libertà di associazione e il diritto dei cittadini all’amministrazione della giustizia – richiamo della Corte al legislatore affinché integri il contenuto della L.146/1990.
[1] E’ escluso solo per i militari,a causa del preminente interesse alla tutela dell’ordine pubblico.