L’art. 4 della L. 297/1982 si applica anche al personale navigante marittimo ed aereo, nonché a tutti i rapporti di lavoro subordinato per i quali siano previste forme di indennità di fine rapporto comunque denominate (anzianità, buonuscita) e disciplinate da qualsiasi fonte legislativa o contrattuale.

La disciplina del nuovo istituto è dotata di efficacia assolutamente inderogabile in melius oltre che in peius, nel senso che non lascia spazio a norme o condizioni più (o meno) favorevoli al lavoratore (a differenza del c.d. principio del favor tipica della legislazione protettiva).

Scelta da ricollegare alla tutela di un interesse pubblico al contenimento del costo di lavoro.

 

Le forme volontarie e complementari di previdenza

La funzione del t.f.r. e già dell’indennità di anzianità può essere realizzata anche nell’ambito delle forme volontarie di previdenza, che l’imprenditore può istituire anche con il contributo dei dipendenti, regolandole con il contratto individuale, al fine di erogare prestazioni economiche a fronte di determinati eventi o bisogni del lavoratore: si tratta quindi di forme di retribuzione differita in funzione previdenziale. L’art. 2113 prevede che il datore possa dedurre quanto corrisposto dall’ammontare del t.f.r. e che in caso di cessazione del rapporto al lavoratore spetti sia il diritto alla quota risultante della suddetta contribuzione, sia il t.f.r.

Nel corso degli anni ’90 la funzione previdenziale del t.f.r. è stata collegata all’introduzione di fondi pensionistici complementari del sistema dell’assicurazione obbligatoria. Si tratta di forme di previdenza finalizzate alla costituzione di una prestazione pensionistica integrativa, autorizzate e sottoposte alla vigilanza della COVIP.

Dal 1° gennaio 2008 entrerà in vigore il Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n.252 che prevede l’istituzione di una nuova disciplina delle forme di previdenza complementare. La scelta di aderire o meno ad una forma pensionistica complementare è sempre volontaria e personale. Il lavoratore può, tuttavia, decidere di avvalersi di una forma pensionistica collettiva, basata su contratti o accordi collettivi, o di una forma pensionistica individuale, basata esclusivamente sulla scelta individuale del lavoratore.

In effetti l’obiettivo delle forme pensionistiche complementari è consentire livelli aggiuntivi di copertura previdenziale a lavoratori dipendenti e autonomi, liberi professionisti, soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro e persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari, ferma restando la volontarietà dell’adesione del singolo lavoratore al programma previdenziale proposto. Possono essere istituiti da contratti collettivi o, in via residuale da contratti aziendali, ove i rapporti aziendali non sono disciplinati da accordi collettivi.

Dal 1 gennaio 2008 tutti i lavoratori potranno decidere di trasferire il t.f.r. maturando alla forma pensionistica complementare prescelta, ovvero di mantenerla in azienda.

In base a quanto previsto dal disegno di legge finanziaria, dal 1° gennaio 2007 ciascun lavoratore dipendente può scegliere di destinare il proprio Trattamento di Fine Rapporto (TFR) maturando, alle forme pensionistiche complementari o mantenere il TFR presso il datore di lavoro.

La scelta può essere manifestata in modo esplicito (attraverso una dichiarazione scritta) o tacito (attraverso un silenzio-assenso all’adesione) entro sei mesi dall’assunzione.

La destinazione del TFR riguarda esclusivamente il TFR futuro. Il TFR maturato fino alla data di esercizio dell’opzione resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto di lavoro con le rivalutazioni di legge. La scelta non può essere revocata, mentre la scelta di mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro può in ogni momento essere revocata per aderire ad una forma pensionistica complementare.

 

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