Le azioni positive e le pari opportunità tra i sessi

La legge n.125 del 1991 è intervenuta ad integrare le pari opportunità di accesso al mercato del lavoro. Il legislatore è intervenuto per promuovere l’attuazione di misure finalizzate alla rimozione di ostacoli (individuare perciò le cause di sottorappresentazione delle donne nei posti di lavoro), denominate azioni positive. Bisogna ricordare che la presenza di una certa “quota rosa” non è obbligatoria ma pura facoltà dei datori di lavoro privati.

Per assicurare l’effettività della disciplina legislativa è stato istituito presso il Ministero del lavoro il Comitato nazionale per l’attuazione di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici. La legge 125 ha anche consolidato l’articolata rete dei consiglieri di parità istituiti presso le varie Commissioni per le politiche di lavoro. A questi organi è stato affidato il compito di contribuire all’attività di promozione delle azioni positive.

 

Il rafforzamento della tutela antidiscriminatoria

Accanto all’introduzione delle c.d. azioni positive, la legge n.125 ha introdotto rilevanti perfezionamenti sostanziali e processuali alla tutela antidiscriminatoria prevista dalla legge 903.

L’art 4 precisa che la norma considera discriminazione e pertanto vieta ogni atto che produca effetti pregiudizievoli discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e comunque trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.

Il divieto di discriminazione si estende anche alle forme di discriminazione indiretta, consistenti in ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori di un determinato sesso rispetto a lavoratori dell’altro sesso.

Il D. Lgs. n. 145 del 2005 ha posto il rilievo sulle molestie sul lavoro.

Sono considerate discriminazioni vietate le molestie che per ragioni di sesso siano rivolte alla violazione della dignità del lavoratore o della lavoratrice. Sono vietate espressamente le molestie sessuali, cioè quei comportamenti indesiderati, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto prima citati. Infine c’è da precisare che tutti gli atti adottati in conseguenza al rifiuto o viceversa alla sottomissione a comportamenti costituenti molestia sono nulli. Se ci sono “elementi di fatto” provati dalla lavoratrice discriminata l’onere della prova della mancata discriminazione spetta al convenuto.

 

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