Lo Statuto consente l’impiego di guardie giurate soltanto per salvaguardare il patrimonio (beni) aziendale.

Tali guardie non possono avere compiti di vigilanza sull’attività lavorativa e con ciò il legislatore ha inteso impedire la formazione di una polizia privata alle dipendenze del datore.

Alla tutela del patrimonio aziendale sono finalizzate anche le visite personali di controllo. L’art. 6 ha previsto che tali visite siano eseguite all’uscita dei luoghi di lavoro e solo se indispensabili ai fini della salvaguardia del patrimonio dell’azienda (in relazione alla quantità degli strumenti di lavoro). In ogni caso devono essere sempre salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore. Le modalità devono essere concordate con le rappresentanze sindacali ed in caso di mancato accordo, l’intervento autorizzatorio della Direzione provinciale del lavoro, che provvede su istanza del datore di lavoro con provvedimento impugnabile davanti al Ministro del lavoro da tutte le parti interessate entro 30 giorni.

 

I controlli sull’attività lavorativa

Lo Statuto dispone che la vigilanza sull’attività lavorativa sia preventivamente comunicata ai lavoratori interessati. L’art. 3 stabilisce, infatti, che i nominativi e le specifiche mansioni del personale addetto alla vigilanza sull’attività lavorativa siano preventivamente comunicati ai lavoratori. Restano esclusi i collaboratori dell’imprenditore (dirigenti e capi) che, per loro natura, svolgono attività di controllo.

I controlli a distanza (impianti audiovisivi ed altre apparecchiature) sono vietati, salvo patto contrario stabilito con le rappresentanze sindacali e se giustificati da motivazioni di sicurezza del lavoro. È previsto anche qui (nelle stesse modalità sopra indicate) l’intervento autorizzatorio (art. 6). Per quanto riguarda le nuove tecnologie (direttive comunicate attraverso un terminale, ad esempio, permettono il controllo), la legge non è applicabile, perché, quando emanata, tali tecnologie non esistevano.

 

Gli accertamenti sanitari

L’art. 5 dello Statuto disciplina gli accertamenti sanitari e regola i controlli sull’assenza del lavoratore: è oggi vietato il controllo dello stato di malattia, da parte di un medico di fiducia del datore di lavoro, mediante visita medica presso il domicilio del lavoratore. Il datore dovrà, infatti, fare richiesta di controllo presso gli organismi pubblici ( servizi ispettivi degli istituti previdenziali) per tutelare sia il diritto alla salute del lavoratore sia lo stesso diritto dell’ istituto previdenziale, giacché esso è obbligato a versare l’erogazione d’indennità.

In caso di malattia, il medico curante invia all’istituto previdenziale un certificato di diagnosi con inizio e fine presunta della malattia. Il lavoratore dovrà, a sua volta, inviare copia dell’attestazione della malattia al datore di lavoro nei due giorni successivi. Il controllo sarà effettuato entro lo stesso giorno della richiesta del datore e in orari prestabiliti (c.d. orario di reperibilità). Il lavoratore risultato assente ingiustificato al controllo decade dall’intero trattamento economico per i primi dieci giorni e dalla metà per i giorni dopo. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il trattamento per l’eventuale secondo periodo (quello dopo i primi dieci giorni),dichiarando la necessità di una seconda visita di controllo.

La giurisprudenza ha chiarito, inoltre, che il divieto del ricorso al medico fiduciario è da applicarsi anche alle visite di preassunzione allo scopo di controllare l’idoneità fisica del lavoratore (tale controllo deve essere effettuato allo stesso modo di cui sopra).

Il D.Lgs ’94 n° 626 ha previsto l’obbligo di nominare, invece, un medico competente (che potrà, persino, essere un subordinato del datore) per la sorveglianza delle attività a rischio e per i controlli sull’idoneità del lavoratore ad una specifica mansione.

 

La procedimentalizzazione dei poteri di lavoro

Per effetto dello Statuto, che cerca di equilibrare le esigenze produttive con la dignità del lavoratore, la subordinazione risulta modificata rispetto al Codice Civile: vista l’inscindibilità di connessione tra persona e lavoro, nel senso che non esiste il lavoro ma esistono, in concreo, i lavoratori, lo Statuto vuole impedire che la subordinazione diventi personale, introducendo la procedimentalizzazione del potere imprenditoriale. Essa prevede dei vincoli che ampliano i concetti di correttezza e buona fede come limiti dei poteri imprenditoriali.

L’art. 15 prevede la nullità dei patti diretti a discriminare il lavoratore per il proprio pensiero (qualsiasi esso sia: politico, religioso, sindacale…).

La libertà di espressione, tuttavia, non si potrà svolgere in contrasto con il diritto del datore di ricevere la prestazione.

 

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