La ditta è il nome commerciale dell’imprenditore, che lo individua come soggetto di diritto nell’esercizio dell’attività di impresa. È un segno distintivo necessario, ossia in mancanza di diversa scelta essa coincide con il nome civile dell’ imprenditore.
La ditta, secondo l’art. 2563, 1° comma , può essere liberamente scelto dall’ imprenditore. Nella scelta l’imprenditore deve rispettare due limiti specifici, cioè, il principio di verità e il principio di novità.
Il principio di verità della ditta ha un contenuto assai limitato e diverso a seconda che si tratti di ditta originaria, cioè quella formata dall’imprenditore che la utilizza. Essa deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore, poi l’imprenditore può completarlo come preferisce. L’imprenditore non è tenuto a modificare la ditta patronomica qualora intervengano mutamenti nel suo nome civile (per matrimonio, divorzio o adozione); oppure di ditta derivata, cioè quella formata da un dato imprenditore e successivamente trasferita ad altro imprenditore insieme all’azienda. Infatti, l’art. 2563, 2° comma, fa salvo quanto è disposto dall’art. 2565 (trasferimento della ditta), e né tale norma né altre norme impongono a chi utilizzi una ditta derivata di integrarla col proprio cognome o con la propria sigla.
Il principio della novità, art. 2564 , sancisce che la ditta non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e tale da creare confusione per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata.
Per risolvere il conflitto fra ditte confondibili si applica il criterio della priorità dell’uso : chi ha adottato per primo una ditta ha diritto esclusivo della stessa e tale diritto acquista per il solo fatto dell’uso della ditta. Chi successivamente adotti una ditta uguale o simile, può perciò essere costretto ad integrarla o modificarla con indicazioni idonee a differenziarla. E ciò anche quando la ditta usata per seconda corrisponda al nome civile dell’imprenditore (ditta patronomica).
In passato, vista la mancanza dell’attuazione del registro delle imprese, il criterio della priorità dell’uso trovava applicazione anche per le imprese commerciali individuali. La recente attuazione del registro delle imprese rende oggi applicabile il secondo comma dell’art. 2564, in base al quale per le imprese commerciali l’obbligo dell’integrazione o modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore.
Quindi, per le imprese commerciali trova applicazione il criterio della priorità dell’iscrizione nel registro delle imprese e non il criterio della priorità dell’uso.
Il diritto all’uso esclusivo della ditta ed il corrispondente obbligo di differenziazione sussistono però solo se i due imprenditori si trovino in rapporto di concorrenza fra loro e quindi possa determinarsi confusione per l’oggetto dell’impresa e/o per il luogo in cui questa è esercitata. Perciò è possibile l’omonimia fra ditte che non creano confusione sul mercato, non potendosi imporre la differenziazione a chi produce beni o servizi destinati a soddisfare bisogni diversi dei consumatori, né a chi opera in un diverso territorio.
Il diritto all’uso esclusivo è quindi un diritto relativo.
La confondibilità fra ditte deve essere valutata sulla base delle ditte effettivamente utilizzate, anche se diverse da quelle ufficialmente prescelte ( ditta ufficiosa ). Inoltre, nel giudizio di confondibilità si deve dare rilievo al nucleo caratterizzante e predominate (cuore della ditta) e non a indicazioni marginali o a denominazioni generiche inserite nella ditta stessa (bar, taxi, moda).
Il principio della novità opera anche nei rapporti fra la ditta e gli altri segni distintivi, in particolare con il marchio. Infatti, è fatto divieto di adottare come propria ditta il marchio altrui, se sussiste pericolo di confusione fra i segni. È questo il principio di unitarietà dei segni distintivi, in base al quale il diritto di esclusiva che spetta al titolare di un marchio ha effetto nei confronti di tutti i segni distintivi usati da altri imprenditori.