Relatività contrattuale
Il contratto, al contrario della legge, produce i suoi effetti relativamente ai soggetti che vi hanno preso parte a norma dell’art. 1372 cod. civ. che aggiunge, inoltre, che i precetti contrattuali hanno efficacia di legge solo ed esclusivamente, però, tra le parti interessate.
Si definisce soggetto terzo colui che rimane estraneo al contratto pur, magari, godendone gli effetti (Es. contratto a favore di terzi, ecc.).
Nella pratica di ogni giorno è molto usato ed utile il contratto per persona da nominare, che, a norma dell’art. 1401 cod. civ., si ha quando un soggetto decide di contrarre con la propria controparte riservandosi il diritto di nominare una terza persona, estranea però al contratto, che beneficerà dei diritti e degli obblighi nascenti dallo stesso.
Questa procedura, data la sua natura strettamente confidenziale tra la parte attiva del contratto e il terzo beneficiario, viene anche definita electio amicii e possiede una validità ex tunc sin dal momento in cui il contratto è stato stipulato.
Tuttavia il terzo soggetto beneficiario può rinunciare al privilegio ed in tal caso gli effetti di tale contratto si riverserebbero pienamente ed interamente sul soggetto stipulante del contratto, infatti la parte del contratto è lo stipulante e non l’eletto.
La dichiarazione di nomina, poi, deve essere fatta allo stesso modo e con la stessa pubblicità del contratto concluso tra promittente e stipulante.
Interpretazione del contratto
L’interpretazione del contratto rappresenta una delle maggiori attività del giurista pur essendo nata per l’applicazione a tutti i negozi giuridici e poi estesa grazie all’ausilio dell’art. 1324 cod. civ. che ha allargato l’applicazione delle norme civili sul contratto a quanti altri negozi compatibilmente possibili.
Questo istituto è regolato, come i restanti istituti giuridici, da leggi generali e norme specifiche, ma anche da principi e fattori non legalmente riconosciuti e vincolanti.
La norma generale del Codice Civile è quella descritta nell’art. 1362 che, oltre a definire l’interpretazione del contratto, detta la disciplina generale da seguire consistente nella ricerca della reale intenzione delle parti in fase di negoziazione tralasciando quello che poi hanno convenuto, magari per errore, e il reale significato delle parole utilizzate nel contratto.
Tuttavia questa norma, apparentemente, sembra essere in palese contrasto con l’art. 12 disp. prel. cod. civ..
Infatti, mentre entrambe mirano al raggiungimento del significato effettivamente rilevante dal punto di vista giuridico, l’art. 12 disp. prel. cod. civ. dispone che la ricerca abbia luogo per chiarire il significato di un testo legislativo da applicare erga omnes mentre l’art. 1362 cod. civ. cerca di trovare il reale significato della volontà contrattuale delle parti interessate.
L’interpretazione può anche essere autentica se è compiuta dalle parti interessate al contratto stesso tramite un successivo negozio giuridico di accertamento.
Da quanto detto il giudice non è vincolato dal nomen iuris del contratto ma dall’effettiva volontà delle parti che hanno stipulato il negozio.
L’interpretazione viene disciplinata attraverso tre gruppi di norme diverse:
- norme per l’interpretazione soggettiva (artt. 1362 – 1365 cod. civ.), quelle che sono dirette a ricercare il punto di vista dei soggetti del negozio;
- norme per l’interpretazione oggettiva (artt. 1367 – 1371 cod. civ.) che si utilizzano quando non si riesce a dare un significato al negozio pur avendo utilizzato l’interpretazione soggettiva.
- Sta a se l’art. 1366 cod. civ. che, disponendo di interpretare il contratto solo secondo buona fede, è valevole soltanto per i negozi inter vivos.
Tuttavia, in presenza comunque di dubbi, le clausole contrattuali devono essere considerate ed interpretate sempre secondo un punto di vista favorevole alla conservazione del contratto e non essere di intralcio allo stesso, tanto che per tale importanza rappresenta un vero e proprio istituto giuridico a se.
Inoltre, l’art. 1370 cod. civ. dice che nel caso di clausole dubbie inserite unilateralmente in moduli, formulari o in condizioni generali di contratto sono da considerarsi ed interpretare a sfavore dell’autore stesso per il beneficio della controparte.
In materia di interpretazione dei contratti, di vitale importanza sono gli usi interpretativi che vengono considerati ed applicati, in caso di ulteriori dubbi, secondo quanto si pratica nel luogo in cui il contratto è stato concluso.
In fine, dice l’art. 1371 cod. civ., se il contratto presenta ancora degli aspetti oscuri, questo deve essere considerato ed interpretato in maniera meno gravosa all’obbligato, se fatto a titolo gratuito, e in maniera equamente distribuita, se fatta a titolo oneroso.
Non da trascurare è la clausola generale imposta dall’art. 1375 che disciplina l’interpretazione del contratto secondo buona fede e l’art. 1175 cod. civ. che impone un comportamento di correttezza durante un rapporto obbligatorio.
Si tratta, quindi di due articoli (1375 e 1175 cod. civ.) strettamente collegati in modo da imporre alle parti di comportarsi con criteri e modi tali da mantenere il più a lungo possibile il rapporto giuridico appena instaurato.
Tale principio permea in tutto il Libro IV del Codice Civile come fondamento dell’ordinamento giuridico in materia di contratti ed obbligazioni.