Reati di evento e Reati di azione
Nei reati di evento la fattispecie incriminatrice tipicizza un evento esteriore come risultato concettualmente e fenomenicamente separabile dall’azione e a questa legato in base ad un nesso di causalità. (es. la morte di un uomo del delitto di omicidio, il danno nel delitto di danneggiamento delle cose …). Si distinguono:
Reati di evento a forma vincolata sono quei reati per i quali il legislatore specifica le modalità di produzione del risultato lesivo. (es. art. 438 che incrimina chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni).
Reati di evento a forma libera (reato causali puri) sono quei reati per i quali il legislatore non specifica le modalità di produzione del risultato lesivo (es. art. 575 che punisce chiunque cagioni la morte di un uomo). In questo caso sono sottoposte a pena tutte le possibili modalità di aggressione al bene.
La distinzione tra i reati a forma libera e vincolata assume rilievo nell’ambito del procedimento di conversione di un’ipotesi di reato in un’ipotesi di mancato impedimento dell’evento ex art 40 cpv: solo le fattispecie causali pure sono suscettibili di conversione.
I reati di azione. Consistono nel semplice compimento dell’azione vietata, senza che sia necessario attendere il verificarsi di un evento causalmente connesso alla condotta stessa (es. sottrazione della cosa nel reato di furto)
Reati commissivi (di azione) e reati omissivi (di omissione) a seconda che la condotta tipica sia rappresentata da un agire positivo o da un’omissione. I reati omissivi si distinguono poi in propri e impropri.
Il reato omissivo improprio (o commissivo mediante omissione) si ha quando l’evento lesivo dipende dalla mancata realizzazione di un’azione doverosa (es. omicidio colposo dovuto a mancata sorveglianza di un bambino). Art 40 cpv “non impedire un evento, che si ha l’obbligo di impedire, equivale a cagionarlo”.
Il reato omissivo proprio consiste, invece, nel semplice mancato compimento di un’azione imposta da una norma penale di comando: a prescindere dalla verificazione di un evento come conseguenza della condotta. (es. omissione di soccorso, omissione di referto).
Reati istantanei, reati permanenti e reati abituali
Nei reati istantanei la realizzazione del fatto tipico integra ed esaurisce l’offesa, perché è impossibile che la lesione del bene persista nel tempo (es. nell’omicidio la lesione si esaurisce nel momento in cui si verifica la morte).
Nei reati permanenti, sono quei reati in cui il protrarsi dell’offesa dipende dalla volontà dell’agente. L’azione delittuosa infatti, riesce solo a comprimere il bene (es. bene della libertà personale nel caso di sequestro di persona). Rientrano in tale categoria, sia i reati che offendono beni immateriali, sia quelli che ledono beni materiali purché suscettibili di compressione (es. delitto di invasione di terreni o edifici art. 633). In questi reati, assume rilevanza non sono l’attività del soggetto che realizza la lesione del bene, ma anche quella successiva del mantenimento, quindi gli estremi della fattispecie non sono realizzati senza il mantenimento, per un apprezzabile lasso di tempo, dello stato antigiuridico. (es. non si ha sequestro se si immobilizza per pochi istanti un uomo). La dottrina contesta questa concezione bifasica del reato permanente, secondo la quale la fase della instaurazione si realizza con un’azione e quella del mantenimento con un’omissione; da un lato si riconosce che l’instaurazione può essere realizzata con un’omissione e dall’altro si ammette che lo stato antigiuridico può essere mantenuto con azioni positive. Il reato permanente cessa nel momento in cui si mette fine alla condotta volontaria di mantenimento dello stato antigiuridico (ovvero è ormai impossibile porvi fine).
Secondo un criterio molto diffuso, il reato omissivo sarebbe permanente tutte le volte in cui per l’adempimento dell’azione doverosa sia previsto un termine puramente ordinatorio, nel qual caso la permanenza si produrrebbe fino a quando il soggetto non adempia all’obbligo di agire; sarebbe invece, istantaneo quando ai fini dell’adempimento sia previsto un termine di scadenza perentorio, decorso il quale l’obbligato non è più in grado di far cessare lo stato di antigiuridicità determinato dalla condotta illiceità. Però in realtà, l’unico termine che assume rilevanza penale è quello perentorio, perché ove si tratti di termine ordinatorio vuol dire che è concessa al soggetto la facoltà di decidere il momento dell’adempimento, per cui non può parlarsi di obbligo penalmente sanzionato.
In dottrina è più diffusa la tesi secondo la quale i reati omissivi possono assumere, eccezionalmente natura permanente ove il dovere di agire imposto dalla norma persista nel tempo anche successivamente al primo manifestarsi della situazione da cui esso si origina: es. mentre sarebbe istantaneo il dovere di prestare soccorso a una persona in pericolo (art. 593), sarebbe perdurante l’obbligo del proprietario di provvedere alla riparazione di un edificio pericolante (art.677).
Sono privi di reale autonomia le figure del reato eventualmente permanente (nel quale l’offesa è fatta durare in concreto nel tempo dall’agente, es. ingiuria realizzata con numerose espressioni offensive) e del reato istantaneo con effetti permanenti (caratterizzato dalla durata delle conseguenze es. omicidio).
Reato abituale, è un illecito per la cui realizzazione è necessaria la reiterazione del tempo di più condotte della stessa specie. A differenza del reato permanente, caratterizzato dal perdurare nel tempo senza interruzione della situazione antigiuridica, prodotta dall’agente, nel reato abituale ci si trova di fronte alla reiterazione intervallata nel tempo della stessa condotta o di più condotte omogenee.
Reato abituale proprio. In tale forma di reato le singole condotte, autonomamente considerate, sono penalmente irrilevanti (es. sfruttamento della prostituzione).
Reato abituale improprio. In tale forma di reato, come ad es. la relazione incestuosa, ciascun singolo atto integra di per sé altra figura di reato (reato di incesto ex art 564).
Dalla circostanza che il disvalore penale deriva solo dall’insieme delle condotte reiterate, non può tuttavia farsi discendere la necessità che il soggetto agisca con dolo unitario, equivalente ad un disegno complessivo anticipatamente programmato: basta piuttosto una coscienza e volontà di volta in volta rapportata alle singole condotte.
Reato comune e reato proprio
Il reato comune è il reato realizzabile da chiunque, mentre è reato proprio quel reato realizzabile solo da chi riveste una particolare qualifica o posizione, idonee a porre il soggetto in una speciale relazione con l’interesse tutelato. Si distinguono poi: reati propri in senso puro quando il possesso della qualifica determina la stessa punibilità del reato; e reati propri in senso lato se la qualifica comporta un mutamento del titolo del reato.
La distinzione assume rilevanza in sede di concorso di persone ( è dubbio se e a quali condizioni un soggetto estraneo ossa concorrere nel reato proprio) e ai fini della determinazione del dolo ( è controverso se la volontà criminosa presupponga la conoscenza della qualifica).
Illeciti di danno e illeciti di pericolo
Negli illeciti di danno la condotta criminosa comporta la lesione effettiva del bene giuridico, negli illeciti di pericolo invece, la condotta criminosa comporta solo la messa in pericolo del bene assunto a oggetto di tutela penale. Un illecito di danno è il delitto di omicidio (il bene aggredito, la vita, subisce la completa distruzione per effetto dell’azione criminosa), uno di pericolo l’incendio ( il fatto di cagionare un incendio è punito per i risultati lesivi che possono derivare, anche nessuna persona subisce un danno).
I reati di pericolo vengono distinti in 2 categorie:
Reati di pericolo concreto. In tali reati il pericolo (ovvero la rilevante possibilità di verificazione di un evento temuto) rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, quindi, spetta al giudice, in base alle circostanze del singolo caso, accertarne l’esistenza. (Es. Art. 422 che ravvisa il delitto di strage nel fatto di chi al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità. In questo caso il giudice deve accertare l’effettiva pericolosità nei confronti di un num. Indeterminato di persone).
Reati di pericolo presunto o astratto. In questo caso si presume, in base ad una regola di esperienza, che al compimento di certe azioni si accompagni l’insorgere di un pericolo. Il legislatore si limita a tipizzare una condotta al cui compimento generalmente si accompagna la messa in pericolo di un determinato bene. Accertata la prima, il giudice è dispensato dallo svolgere indagini ulteriori circa la verificazione del secondo. (es. art 423 “chiunque cagiona un incendio è punito”, nella presunzione che l’incendio nella generalità dei casi sia un accadimento di comune pericolo).
Con riguardo a questa bipartizione, negli ultimi anni, si è messo in evidenza il carattere di relatività tra pericolo astratto e concreto, rilevando come non sia decisivo solo il coinvolgimento o no del giudice in sede di accertamento: il grado di concretezza o astrattezza del pericolo dipende anche, sia dalla collocazione che esso riceve nella struttura del tipo delittuoso, sia dai criteri di accertamento adottati per verificarne l’esistenza, sia infine, dal momento del giudizio. Secondo la dottrina si può distinguere tra più o meno concreto a seconda che il giudice debba verificare:
– che uno o più soggetti passivi ben determinati abbiano subito una reale minaccia
– che l’azione realizzata sia generalmente idonea a ledere, a prescindere dalla circostanza che qualcuno dei soggetti titolari del bene protetto sia stato di fatto lambito.
Es. art. 440 “chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito … “ in questo caso spetta al giudice accertare di volta in volta, il pericolo, quindi ricorrerebbe la fattispecie di reato di pericolo concreto. Però qui il pericolo non viene in rilievo nel senso di una minaccia realmente individualizzata nei confronti di una o più persone; esso assume rilevanza come attitudine generica dell’azione tipica, a danneggiare la salute di quanti soggetti, in futuro, ed eventualmente, possono venire in contatto delle sostanze adultere. Quindi si può essere indotti a ritenere che l’azione corrisponda di più alla fattispecie del pericolo astratto. Così come x l’art. 440 , vale per tutti gli altri reati che ricalcano tale schema.
Problemi di costituzionalità dei reati di pericolo astratto
Se tale modello si caratterizza per il fatto di tipicizzare una condotta assunta come pericolosa in base ad una regola di esperienza non è escluso che di fatto si verifichino casi nei quali quel giudizio di esperienza si rivela falso. Da qui il rilevo che i reati di pericolo astratto rischiano di reprimere la mera disobbedienza dell’agente, la semplice inottemperanza di un precetto penale, senza che a questa si accompagni un’effettiva messa in pericolo del bene protetto. Si finirebbe così col disattendere il principio di necessaria lesività, comprensivo sia della lesione che della (effettiva) messa in pericolo del bene.
Il problema sta nell’individuare i settori in cui è necessario anticipare la tutela sino alla soglia dell’astratta pericolosità. L’incriminabilità delle condotte pericolose in sé presenta 2 vantaggi: per un verso si pone un argine alla particolare diffusività del pericolo insito in questo tipo di condotte; per l’altro verso si evita la probatio diabolica dell’attitudine del fatto a provocare un’effettiva lesione del bene nel caso concreto.
Inoltre vi sono beni superindividuali che per natura, possono essere danneggiati solo da condotte cumulative, ovvero molteplici condotte che si ripetono nel tempo: ciò rende impossibile provare che una singola condotta tipica sia in concreto idonea.
La Corte ha più volte affermato che le fattispecie di pericolo presunto o astratto non sono incompatibili in linea di principio con la Costituzione, rientrando nella discrezionalità del legislatore la scelta dei settori in cui il ricorso a tali modelli delittuosi appare più utile. L’importante è che tale scelta non risulti irrazionale e arbitraria, ma sia invece, il frutto di apprezzamenti rigorosi, fondati sull’esperienza.
Reati aggravati dall’evento, sono reati per i quali è previsto un aumento di pena se dalla realizzazione del delitto- base deriva, come conseguenza non voluta, un evento ulteriore (es. omissione di soccorso aggravata dalla morte della persona in pericolo).
Delitti di attentato. Sono quelle forme di illecito consistenti nel compiere atti o nell’usare mezzi diretti a offendere un bene giuridico. La caratteristica di questi reati è data dalla circostanza che la legge considera consumato il delitto pur in presenza di tali atti, al più tipici rispetto ad una fattispecie di delitto tentato.