Definizione:     è eccezione il mezzo di difesa del convenuto con cui vuole ottenere il rigetto della domanda.

Vi sono due classificazioni dell’eccezione:

–          Una prima distingue tra:

  • Eccezioni di merito: con queste il convenuto mira ad ottenere una sentenza di rigetto nel merito. Attengono alla fondatezza della domanda (il convenuto sosterrà, in forza dell’eccezione, che la domanda è infondata).
  • Se viene accolta un’eccezione di merito la domanda viene rigettata nel merito e la domanda non può più essere riproposta perché vi è l’accertamento incontrovertibile dell’inesistenza del diritto sostanziale.
  • Eccezioni di rito: attengono alla esistenza delle condizioni di trattabilità e decidibilità della causa nel merito e mirano ad ottenere un rigetto in rito della domanda (queste sono una serie di elementi che devono esistere affinché il giudice possa esaminare e decidere sul merito della domanda).

Sono eccezioni processuali. Se il giudice accoglie una eccezione di rito, la sentenza di rigetto si dice che è in rito e la domanda può essere riproposta.

La regola è che siano rilevabili d’ufficio.

Viene usato però il termine eccezione di rito anche quando la parte non mira al rigetto della domanda, ma con riferimento a questioni processuali che possono avere degli effetti sul processo (es. eccezione di estinzione del processo non determina il rigetto della domanda di rito ma il termine del processo in modo anomalo, ossia l’estinzione).

Si parla anche di eccezione di rito con riferimento ad eventi che non pongono termine al processo ma hanno degli effetti su di esso (es. eccezione di interruzione del processo quando muore una parte).

Si ha eccezione di sospensione necessaria quando il processo deve essere sospeso in presenza di determinati eventi.

Altra eccezione è eccezione di inammissibilità dell’appello.

Queste sono tutte eccezioni di rito che non attengono a quegli elementi che devono esistere all’inizio del processo e che condizionano poi l’esercizio della giurisdizione (nel senso che se mancano il giudice non si pronuncia sulla fondatezza della domanda nel merito).

–          Una seconda classificazione distingue tra:

  • Eccezioni in senso stretto (o eccezioni in senso proprio): sono quelle riservate alla parte (solo questa può proporle);
  • Eccezioni in senso lato (eccezioni in senso improprio): sono quelle rilevabili d’ufficio (il giudice può rilevarle anche se manca un’iniziativa della parte).

Queste classificazioni si intrecciano:

–          Esistono eccezioni di merito riservate alla parte (es. eccezione di prescrizione) ed eccezioni di merito rilevabili d’ufficio (eccezione di nullità di un contratto; eccezione di compensazione);

–          Esistono eccezioni di rito riservate alla parte (eccezioni di incompetenza per territorio semplice; difetto di giurisdizione del convenuto non residente né domiciliato in Italia ai sensi dell’art. 11 L. 218/’95) ed eccezioni di rito rilevabili d’ufficio (es. difetto di legittimazione ad agire).

 

Così come il concetto di questione di rito non coincide di per sé con il concetto di eccezione di rito, così il concetto di questione di merito non coincide con il concetto di eccezione di merito.

Il concetto di questione di merito è più ampio del concetto di eccezione di merito. Tutte le eccezioni di merito danno luogo a questioni di merito perché attengono alla infondatezza o fondatezza della domanda. Vi sono delle questioni di merito che non danno luogo a eccezioni di merito (es. se Tizio lamenta di aver subito un danno da Caio, in quanto questo non ha adempiuto al contratto stipulato, ed agisce per il risarcimento, la questione dell’ammontare del danno è una questione di merito ma non è una questione relativa ad un’eccezione di merito).

Bisogna distinguere fra:

–          Mera difesa: il convenuto si limita a contestare l’esistenza del fatto costitutivo posto dall’attore a fondamento della domanda. Il convenuto non solo non amplia la materia del contendere, ma non amplia nemmeno l’ambito della cognizione del giudice perché non allega alcun fatto (si limita semplicemente a negare l’esistenza del fatto costitutivo della domanda dell’attore). Non comporta nessuna inversione dell’onere della prova, è sempre l’attore che ha l’onere di provare il fatto costitutivo della domanda;

–          Eccezione di merito: non amplia la materia del contendere, amplia solo l’ambito della cognizione del giudice. Con questa si allegano dei fatti che si distinguono, secondo una terminologia mutuata dall’2697 cc. che disciplina l’onere della prova, in:

  • Estintivi;
  • Modificativi;
  • Impeditivi.

–          Domanda riconvenzionale: si amplia la domanda del contendere.

 

 

Eccezioni in senso stretto:

Di regola, se le eccezioni hanno per oggetto condizioni di trattabilità e decidibilità della causa, sono rilevabili d’ufficio, salvo che il legislatore disponga diversamente. Questo perché il giudice deve verificare l’esistenza di un proprio potere (potere decisorio nel merito), e questa verifica non può dipendere dall’iniziativa di parte, salvo che sia la legge a stabilirlo.

Non si creano problemi quando la legge prevede espressamente il regime (es. la nullità del contratto è rilevabile d’ufficio ex art. 1421 cc.). Sono stati elaborati vari criteri per risolvere i problemi che si creano quando la legge rimanga silente:

–          La giurisprudenza ritiene che le eccezioni non qualificate dalla legge siano tutte rilevabili d’ufficio (eccezioni in senso lato). La ratio di questa opinione è che il giudice deve pronunciare sentenze aderenti alla realtà sostanziale, dunque, ove la legge non stabilisca nulla, deve rilevare d’ufficio l’eccezione perché altrimenti può arrivare ad accertare un diritto come esistente quando per il diritto sostanziale questo si è estinto.

La critica a quest’opinione sta nel fatto che le eccezioni in senso stretto stabilite dal legislatore sono più numeroso delle eccezioni in senso lato, quindi non è vero che il legislatore vuole che il giudice pronunci sempre sentente aderenti sul piano del diritto sostanziale;

–          La dottrina ha elaborato vari criteri:

  • Una prima opinione è quella che, definendo l’eccezione come controdiritto del convenuto e contrapponendola all’azione, ritiene che siano tutte eccezioni in senso stretto quelle con le quali si oppongono diritti sostanziali (ogniqualvolta il convenuto fa valere diritti sostanziali in via di eccezione, queste eccezioni sono in senso stretto).
  • È un opinione esatta, però vi sono eccezioni che hanno per oggetto dei semplici fatti che non sono diritti sostanziali (es. quando si eccepisce la prescrizione non si contrappone nessun diritto sostanziale);
  • Secondo Consolo la ragione delle eccezioni in senso stretto dovrebbe essere individuata nella signoria dell’effetto giuridico, cioè quando il convenuto avrebbe la possibilità di disporre dell’effetto giuridico conseguente al fatto oggetto di eccezione.Di regola se un diritto si è estinto e un soggetto adempie, è ammessa la ripetizione di quanto si è indebitamente prestato (è la stessa ratio dell’ingiustificato arricchimento).
  • Consolo ritiene che ogniqualvolta il convenuto abbia la possibilità di disporre dell’effetto giuridico conseguente all’eccezione, ci troviamo davanti ad un’eccezione in senso stretto (si deve guardare al fatto che la legge, nel caso di adempimento spontaneo, escluda la ripetizione dell’indebito);
  • Esempio: la parte può, nonostante il diritto si sia prescritto, adempiere spontaneamente all’obbligo ed in questo caso la legge esclude la ripetizione dell’indebito.

–          Alla fine bisogna sempre guardare qual è l’orientamento della giurisprudenza eccezione per eccezione. Manca un criterio universalmente accolto.

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