Si parla di competenza interna con riguardo alla distribuzione di funzioni tra organi che, nell’ambito dello stesso processo, possono in astratto operare relativamente alla stessa causa. Questo sia nell’ambito dello stesso ufficio giudiziario, sia con riferimento a gradi di giudizio diversi. Nella definizione di processo è implicita la possibilità di più procedimenti (tanti quanti sono i gradi di giudizio svoltesi).

Quando è proposta una causa, in astratto più sono gli organi che possono conoscere della causa, e quindi le funzioni possono essere distribuite tra più organi:

–          Con riferimento al primo grado di giurisdizione, abbiamo un tribunale che può essere costituito da sezioni diverse (possono porsi problemi di distribuzioni delle funzioni tra le diverse sezioni dello stesso tribunale);

–          Abbiamo anche un problema di distribuzione delle funzioni tra sezione comune di un tribunale e sezioni specializzate (le sezioni specializzate sono composte da giudici ordinari che però hanno la particolarità di presentare una composizione che prevede dei membri non togati);

–          Esistono poi le sezioni distaccate. Fino ad una decina di anni fa esisteva una tripartizione per valore della competenza davanti al giudice di primo grado: giudice di pace, pretore e tribunale. La pretura è stata assorbita dal tribunale, e dove vi era la pretura è stata creata una sezione distaccata del tribunale. Adesso il tribunale nelle sezioni distaccate opera con un giudice unico (non opera il collegio).

C’è un problema di distribuzione delle funzioni tra sede centrale e sezioni distaccate, come pure tra sezioni distaccate;

–          Vi è poi un problema di distribuzione di funzioni tra giudice istruttore e collegio nelle singole sezioni del tribunale, perché certe cause sono cosiddett  collegiali, cioè devono essere decise dal collegio. In queste cause opera contemporaneamente il giudice istruttore e nella fase decisoria il collegio.

Questo problema si presenta anche se il tribunale non avesse più di una sezione, perché comunque certe cause sono collegiali.

–          Altro problema di distribuzione delle funzioni si ha tra giudici di grado diverso, nel senso della cosiddetta  competenza per grado (es. devo individuare qual è il giudice competente per l’appello. È stata pronunciata una sentenza dal tribunale di Udine. La Corte d’Appello è a Trieste poiché tale circoscrizione ricomprende tutti i giudici di primo grado del Friuli. In Lombardia però esiste anche la Corte d’Appello di Brescia, oltre quella di Milano, pertanto dovrò stabilire quale sia la Corte d’Appello competente).

Con riguardo a tutti questi rapporti si parla di competenza interna:

–          Nei rapporti fra giudice istruttore e collegio nelle cause collegiali;

–          Nei rapporti fra più sezioni comuni nell’ambito dello stesso tribunale;

–          Nei rapporti fra sezione comune e specializzata;

–          Nei rapporti fra sezione centrale e sezione distaccata;

–          Nei rapporti fra più sezioni distaccate;

–          Con riferimento alla cosiddett  competenza per gradi

In astratto sono tutti organi che rispetto ad una determinata controversia possono conoscerla nell’ambito dello stesso processo.

Quando si tratta di affrontare questo tipo di problemi non trova applicazione la disciplina generale della competenza (non si applica l’art. 38 c.p.c. sul rilievo delle incompetenze, non si applica la transaltio iudicii etc.). Bisogna guardare alla disciplina caso per caso.

Rapporti fra giudice istruttore e collegio:

Si tratta di stabilire cosa accade quando una causa che deve essere decisa dal collegio è decisa dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, e viceversa.

Bisogna guardare all’art. 50 quater c.p.c. che afferma che “la violazione di queste regole non attiene alla costituzione del giudice, ma implica la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 161.1 c.p.c.”. La sentenza pronunciata è nulla, ma soggetta alla conversione dei motivi di nullità in motivi di gravame, quindi se il vizio di nullità non è fatto valere con i mezzi di impugnazione, si sana e pertanto non rileva più con il passaggio in giudicato della sentenza.

L’articolo afferma “non attiene alla costituzione del giudice” poiché in passato, quando è stato abrogato il pretore ed è stato introdotta la figura del giudice unico, la legge affermava che questo era un vizio ai sensi dell’art. 158 c.p.c. il quale dispone che le nullità derivanti da vizi attinenti alla costituzione del giudice o al mancato intervento del pubblico ministero sono insanabili e rilevabili d’ufficio, fermo restando l’art. 161.1 c.p.c. (se le nullità non vengono fatte valere con le impugnazioni si sanano con il passaggio in giudicato). Comunque sul piano pratico non ci sono differenze poiché entra sempre in gioco l’art. 161.1. c.p.c.

Vi è un’unica eccezione espressa alla regola di conversione dei motivi di nullità in motivi di gravame, ed è il vizio previsto dal secondo comma dell’art. 161 c.p.c. che prevede la mancata sottoscrizione del giudice (non si produce l’effetto di accertamento incontrovertibile).

La dottrina poi ha elaborato una serie di vizi particolarmente gravi che fanno eccezione alla regola prevista dal primo comma dell’art. 161 c.p.c. (in queste ipotesi si dice che la sentenza è inesistente):

–          Una sentenza resa solo oralmente;

–          Una sentenza di contenuto impossibile, fisicamente o giuridicamente (es. condanno Tizio a consegnarmi la luna);

–          Una sentenza emessa nei confronti di una parte deceduta;

–          Una sentenza emessa da chi non è giudice;

–          Una sentenza emessa nei confronti di una parte mai esistita.

Le cause collegiali sono previste dall’art. 50 bis c.p.c.:

–          Cause in cui è previsto l’intervento obbligatorio del pubblico ministero (cause matrimoniali, cause relative allo stato e capacità delle persone etc.);

–          Procedimenti in camera di consiglio: sono i cosiddett  procedimenti in camerale in cui tradizionalmente viene esercitata la cosiddett  giurisdizione volontaria (art. 737 ss. c.p.c.);

–          Cause di omologazione del concordato (fallimentare o preventivo);

–          Cause sulla responsabilità civile dei giudici (L.117/’88);

–          Cause di cui all’art. 140 bis. d.lgs. 206/’05 (Codice del Consumo);

–          Cause davanti alle sezioni specializzate.

 

Rapporti fra sede principale e sezioni distaccate, oppure fra sezioni distaccate:

In questa ipotesi opera l’art. 83 ter delle disposizioni di attuazione: afferma che quando una causa di competenza della sede principale viene proposta davanti a sede distaccata o viceversa, l’inosservanza della distribuzione può essere rilevata fino all’udienza di prima comparizione. È una mera irregolarità, non da luogo a nullità. Se il giudice adito rileva l’inosservanza, o ritiene la questione non manifestamente infondata, allora trasmette il fascicolo d’ufficio al presidente del tribunale che decide la questione con decreto.

È una mera irregolarità anche un’inosservanza della distribuzione delle cause fra sezioni comuni dello stesso tribunale.

Rapporti fra sezioni specializzate e sezioni comuni:

La disciplina non è prevista espressamente dal legislatore, ma può ritenersi che trovi applicazione la norma che parla dei vizi relativi alla costituzione del giudice (art. 158 c.p.c.): è una nullità insanabile rilevabile d’ufficio, ma in realtà soggetta sempre alla regola dell’art. 161.1 c.p.c. (quindi si sana col passaggio in giudicato).

Competenza per gradi:

Quando si è errato nell’individuare il giudice competente per l’impugnazione, la conseguenza dovrebbe essere l’inammissibilità dell’impugnazione e non dovrebbe essere nemmeno consentita la transaltio iudicii dal giudice incompetente al giudice competente.

Viceversa la giurisprudenza ha un orientamento più liberale ed ammette la transaltio iudicii. Configura la competenza per gradi come un ipotesi di competenza tout court soggetta alla disciplina generale.

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