Come ogni organismo economico anche l’impresa può entrare in crisi e di fronte alla crisi la legge interviene con particolari norme solo quando essa determina anche la crisi dell’imprenditore e cioè uno squilibrio tra passività e attività di modo che le seconde non sono più sufficienti a pareggiare le prime. Tali norme sono contenute nella cosiddetta legge fallimentare emanata nel 1942 ma profondamente modificata da leggi successive. La funzione tradizionale della legge fallimentare è quella di garantire la par condicio creditorum e cioè un uguale regolamento di tutte i rapporti che fanno capo all’imprenditore (salve naturalmente le cause legittime di prelazione) attraverso la vendita di tutti i beni dell’imprenditore.

Si deve dire che la par condicio creditorum potrebbe attuarsi anche al di fuori della legge, attraverso un contratto tra l’imprenditore e tutti i creditori, con l’istituto della cessione dei beni ai creditori attraverso il quale si potrebbe realizzare su basi contrattuali e al di fuori dell’intervento dell’autorità giudiziaria lo stesso risultato che si otterrebbe con le procedure della legge fallimentare. Infatti in base a tale istituto i creditori devono ripartire tra di loro le somme ricavate dalla vendita in proporzione dei rispettivi crediti salvo le cause di prelazione.

Tuttavia l’applicazione di tale istituto richiede per poter essere realizzato il consenso di tutti i creditori in quanto i creditori che non avessero partecipato al contratto hanno il diritto ad agire esecutivamente sui beni del debitore vanificando così il risultato che si voleva ottenere attraverso la cessione dei beni. Per tale motivo è necessario che la legge predisponga particolari procedure, dette procedure concorsuali, attraverso le quali, con l’intervento di una pubblica autorità, è possibile realizzare il soddisfacimento paritetico di tutti i creditori senza la necessità di un loro consenso. Tali procedure sono infatti autoritativamente imposte e riguardano tutti i creditori e tutti i beni del debitore essendo obbligatorie per tutti.

Le procedure concorsuali sono diverse, a seconda della gravità della crisi dell’imprenditore, ma hanno in comune il carattere della concorsualità, in quanto riguardano tutti i creditori, e della universalità in quanto riguardano tutti i beni del debitore e tutte consentono identiche garanzie per i creditori. Nel tempo tuttavia, accanto alla finalità tradizionale della par condicio creditorum, si è affiancata anche l’esigenza di consentire, per quanto possibile, la conservazione dell’impresa e il proseguimento delle attività produttive. Per tale motivo il legislatore è intervenuto istituendo una nuova procedura, quella dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, con il decreto legislativo n, 270 del 1999.

Con tale istituto, che si applica solo alle imprese di significative dimensioni, l’accertamento della situazione di insolvenza non provoca automaticamente il fallimento ma l’apertura di una istruttoria preliminare che deve verificare la sussistenza di concrete possibilità di recupero dell’impresa. Se tale istruttoria dà esito negativo si arriva alla dichiarazione di fallimento mentre in caso inverso si apre la procedura della amministrazione straordinaria. Con tale istituto quindi alla finalità di assicurare la par condicio dei creditori si affianca anche quella di salvaguardare il complesso produttivo della impresa che, magari con un nuovo imprenditore, potrebbe riacquistare la normale produttività.

Questa nuova esigenza si sta allargando anche a tutte le procedure concorsuali in generale in quanto le recenti riforme hanno ampliato le possibilità di esercizio provvisorio dell’impresa e hanno cercato di favorire la vendita in blocco dei beni dell’imprenditore al posto della vendita dei singoli beni cui si ricorre solo quando sia prevedibile che la vendita in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori.

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