Le obbligazioni convertibili in azioni possono considerarsi come figure intermedie tra le obbligazioni e le azioni. Esse si rivolgono a quei soggetti che non sono allettati da una semplice forma di investimento obbligazionario e neanche vogliono esporsi totalmente ai rischi di un investimento azionario. Infatti le obbligazioni convertibili conferiscono in via alternativa il diritto al rimborso del capitale prestato alla societĂ (con i relativi interessi) e il diritto a sottoscrivere azioni.
L’emissione di tale tipo di obbligazioni richiede due deliberazioni dell’assemblea straordinaria dei soci:
a) deliberazione di emissione la quale deve determinare anche il rapporto di cambio con le azioni e le modalitĂ di conversione
b) la deliberazione contestuale di aumento di capitale sociale per un ammontare corrispondente al valore nominale delle obbligazioni convertibili.
Il rapporto che si instaura quindi tra la società e i sottoscrittori delle obbligazioni è un rapporto di mutuo obbligazionario sul quale si innesta anche una opzione data all’obbligazionista di procedere alla novazione del rapporto originario. Quando l’obbligazionista esercitando la facoltà a lui riservata accetta la proposta il rapporto di mutuo obbligazionario si estingue e subentra il rapporto di partecipazione e da questo momento egli acquista i diritti e i poteri inerenti allo status di socio.
L’emissione delle obbligazioni convertibili non può essere deliberata se il capitale sociale non è stato interamente versato e le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per una somma inferiore all’ammontare globale del loro valore nominale. E’ chiaro che con questa disciplina la legge mira a che non siano intaccate le certezze in tema di capitale sociale e quindi il capitale sociale viene aumentato per un ammontare ben determinato sin dall’origine. E’ soltanto la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione che è incerta dato che dipende dalla volontà dei singoli obbligazionisti ma tale incertezza sussiste in ogni ipotesi di aumento di capitale anche se per un periodo di tempo più limitato.
E’ ovvio quindi che il legislatore si sia anche occupato di una serie di problemi che si possono porre durante il periodo in cui la conversione non è ancora consentita per evitare che a seguito di modificazioni nell’assetto societario risulti pregiudicato il contenuto economico del diritto di conversione dell’obbligazionista.  La legge prevede infatti che in questo periodo la società non possa deliberare la riduzione volontaria del capitale sociale, né la modificazione delle disposizioni statutarie che regolano la distribuzione degli utili senza prima aver consentito ai titolari di obbligazioni la facoltà di conversione e prevede inoltre che in caso di fusione o scissione sia riconosciuta la facoltà di conversione e in ogni caso (e con l’approvazione dell’assemblea degli obbligazionisti) siano riconosciuti agli obbligazionisti diritti equivalenti a quelli spettanti prima della fusione o scissione.