Gregorio VII non aveva nascosto sin dall’inizio del suo pontificato di voler fare una nuova e grande collezione di decretali. Era certamente un papa forte che aveva aperto il suo pontificato scomunicando Federico II e prendendo le retini della lotta verso l’impero. L’incaricato all’impresa giuridica fu Raimondo di Pènafort, cioè un canonista e moralista di alte virtù futuro santo. Dato che le fonti erano tante e disordinate, il primo passo fu quello di fare una cernita accurata del materiale delle Compilazioni Antiquae recependo ciò che si poteva organizzare in un’architettura armoniosa potendo anche apportare modifiche in quanto autorizzato dal papa. A ciò poi si aggiunsero i decretali di Gregorio IX (pochi in realtà) e anche con un modesto apporto di materiale antico: Canoni degli apostoli, concili d’Oriente e Occidente, fonti germaniche e poche leggi romane di tradizione teodosiana. Il nome della collezione è Decretales Gregori IX più conosciuto come Liber Extravagantium abbreviato in Liber extra. La bolla papale di promulgazione del 1234 proibiva la consultazione di altre raccolte salvo per autorizzazione della Santa Sede quindi il Liber extra diviene il pilastro fondamentale dell’ordinamento ecclesiale. L’opera fu poi studiata: la glossa ordinaria divenne quella di Bernardo da Parma.
Commentari al Liber extra. Se ne occuparono molti, ma i più famosi prelati su cui soffermarsi sono il cardinale Goffredo da Trani che scrisse una summa a Bologna intorno al 1243 utile per studenti e pratici e edita più volte. Un altro grande prelato fu papa Innocenzo IV il cui commentario è noto per le idee originali e per la particolarità di esser stato composto durante un pontificato. Egli inoltre fu uno dei teorici della ierocrazia, sebbene gli spunti offerti dal suo commentario non appaiano decisamente chiari per pensare ciò. A livello giuridico poi, in particolare di diritto privato, egli considerò per la prima volta l’ente collettivo astratto come persona ficta delineando quindi sulla scorta di una fictio iuris l’immagine della persona giuridica.
Enrico da Susa. Il terzo di questi prelati fu il cardinale Enrico de Susa detto l’Ostiense, il quale redasse 2 redazioni di una summa del Liber extra, l’ultima intorno al 1253. L’opera ebbe un successo enorme successo diventando il vade-mecum dei canonisti come le summae azzoniane erano lo erano state per i legisti. Probabilmente questo commentario voleva esser destinato proprio ai legisti dato che egli fu uno dei più autorevoli apostoli della convergenza tra i due diritti in quanto già dal proemio evoca l’utrumque ius. per dante era il simbolo del diritto canonico. Ancora più importante della summa appare però la Lectura delle decretali gregoriane. Gli storici lo hanno interpretato anche in base alle fonti da lui scritte che sono state studiate: per esempio da una parte comprende nella Donazione di Costantino gli argomenti in favore di una titolarità pontificia di un potere anche temporale, dall’altra parte afferma senza problemi che le due giurisdizioni nascono distinte e derivano da Dio. Per lui comunque il trono papale si erge più in alto di qualsiasi altro trono. In questo modo si trova la conferma che le tendenze ierocratiche sono state potente stimolo dell’affermarsi dell’ utrumque ius che non rappresenta altro se non il prevalere di fattispecie canoniche su quelle civili evocando quindi un prevalere della Chiesa sullo Stato. Il sistema maturo di diritto comune vedrà in seguito il coordinamento dei due diritti in un sistema giuridico unitario alla luce di criteri di ragione ed equità.
Agitazione nella Chiesa. Celestino V sale al trono pontificio nel 1294 e dopo 4 mesi si dimette sopraffatto dagli intrighi della curia. Benedetto Caetani accusato dai detrattori di esser al centro di questi intrighi diventa papa col nome di Bonifacio VIII. Ma 3 anni dopo la potente famiglia dei Colonna gli si rivolge contro: i cardinali Giacomo e Pietro Colonna divulgano 3 manifesti in cui attaccano il papa, proclamando che la rinuncia di Celestino era stata illegittima e quindi nulla l’elezione di Bonifacio (ma loro lo avevano anche votato), che si erano sovvertiti gli status generali della Chiesa e che la venalità degli uffici era legata al peccato di simonia che la plenitudo potestas papale non poteva giustificare. Per Bonifacio si rivelò molto pericolosa l’accusa di eresia con l’auspicio di un deferimento al concilio che ora sembrava esser accettato come idea, contrariamente al passato, dalla scuola teologica di Parigi. Filippo il Bello re di Francia era contro Bonifacio e ci furono alti e bassi tra i due fino al celebre “schiaffo di Anagni” inferto da Nogaret inviato da re Filippo e il papa morì poco dopo: per Filippo le tesi ierocratiche di Bonifacio apparivano pericolose e insopportabili manifestazioni di mania e potenza (il caso della bolla Unam sanctam con cui si leggeva che il re era subordinato alla Sede apostolica). Questa frattura creatasi influì indirettamente sul trasferimento della Sede apostolica da Roma ad Avignone anni dopo la scomparsa del papa
Liber Sextus. Esso rappresenta la collezione di decretali che Bonifacio VIII promulgò con la bolla Sacrosantae nel 1298. Questo titolo curioso è derivato dal fatto che il Libro in realtà doveva aggiungersi ai 5 che comprendevano il Liber Extra. Tuttavia quest’opera non era un’appendice bensì un’opera perfettamente autonoma. In fondo a quest’opera compare per la prima volta in una compilazione canonica un titolo de regulis iuris che imita quello con cui termina il Digesto.
La Santa Sede ad Avignone. La guerra del re di Francia vs Bonifacio VIII contribuì dopo la morte di quest’ultimo alla crescita dell’influenza francese sulla curia con il trasferimento della sede pontificia nel 1309 da Roma ad Avignone, a seguito della decisione del guascone Clemente V (la cattività avignonese di 70 anni di durata). La corte di Avignone era imbevuta di cultura di Francia e Italia e fu a tratti splendida: vi risiedette Petrarca per es. in questo periodo anche la ierocraticità ovviamente fu molto più moderata. Clemente V raccolse una serie di decretali che nel 1312 fece leggere nel concilio di Vienna secondo la prassi di procedere a una prima promulgazione-pubblicazione all’interno dei concili. Venne a morte quando stava per dare vita alla fase finale della pubblicazione con il sistema dell’invio ai grandi Studia e provvide a ciò il successore Giovanni XXII pubblicate come Clementine (le norme trattano della povertà francescana e 2 sul diritto processuale). Con Clemente si chiuse la stagione delle raccolte ufficiali di norme pontificie.
2 raccolte private di scarsa importanza. La prima riunì una ventina di pezzi di Giovanni XXII ed entrerà nel corpus iuris canonici. Tuttavia la Ratio iuris, una delle norme più importanti di quel papa con cui inizia nella storia la Sacra Rota, non entrò in quella raccolta perché successiva a questa. La Sacra Rota fu eretta a organo istituzionale autonomo con propria sede nel palazzo apostolico; riguardo alla procedura, fu scritto che il relatore raccogliesse i pareri scritti dei colleghi investiti della causa così che la sentenza apparisse come il risultato dell’incontro di opinioni scientifiche. Le decisiones della Rota rappresentano sentenze e pareri scientificamente motivati sulla trama di rationes teoriche, vicine quindi ai consilia lasciati da professori e insieme con questi ultimi rafforzano il ponte che era stato gettato tra scienza e prassi con le quaestiones ex facto emergentes. Le sentenze della Rota rappresentano poi un modello irresistibile per i grandi tribunali laici, specie nel Parlamento di Grenoble.