Gli interpreti medievali erano però ben consapevoli che l’origine divina del corpus juris era una finzione e quindi divennero meri esegeti. La base prima della loro legittimazione era sapienziale, non positiva. Il corpus juris racchiude il diritto romano, quindi tutto il diritto civile di cui una qualsiasi collettività possa avere bisogno.
Il diritto colto dell’Europa nacque invece come un sistema già esaustivo. L’aver ereditato in blocco il prodotto finale dello scindibile giuridico romano esentò i giuristi dotti dell’Europa dal dovere di pensare direttamente alla miglior soluzione possibile per colmare le evidenti e ben note lacune dell’ordinamento.
Il giurista ponendosi come interprete di un sistema il quale si presenta come completo deve anzitutto organizzare la sua visione in forma sistematica e verso la sistematica i giuristi medievali furono condotti. Analizzando il Digesto si mise in luce che esso poteva comporre un sistema ovvero un modello d’ordine.
L’ordine che si proponeva come modello di convivenza civile era sottratto ai condizionamenti delle opportunità locali per potersi proporre come sistema valido in ogni luogo. La propensione della scientia juris ad incarnarsi in momenti pratici di cui si è accennato era la sua propensione a farsi carico dei problemi concreti.
L’interpretazione del testo giustinianeo non poteva essere quindi letterale. È comune l’affermazione che i giuristi medievali non furono sicuramente romanisti, da ciò il riproporsi del problema della legittimazione non più rispetto a jus dicere ma rispetto a jus dictum svincolato dal testo.