in merito alla delibazione sull’ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova, l’art.183 cpc precisa che salva l’applicazione dell’art.187 il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l’udienza di cui all’art.184 per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza questa deve essere pronunciata entro 30 giorni. Meno lineare appare il regime da applicarsi a seguito della richiesta dei termini per le precisazioni e modificazioni delle domande relative repliche e per le deduzioni istruttorie. Risultano 2 possibili interpretazioni della norma:
- l’art.183 7° comma cpc parrebbe imporre al giudice di fissare una nuova e apposita udienza per la delibazione sui mezzi istruttori. Così ragionando si finirebbe con il re-inserire obbligatoriamente nel sistema una apposita udienza di smistamento deputata all’ammissione dei mezzi istruttori. Sembra però una forzatura perché il mantenimento di un’udienza ad hoc non risulta da altre norme e poi lo spirito del 2005 vuole rafforzare la concentrazione del processo.
- Prevale l’interpretazione che lascia aperta al giudice la possibilità di fissare l’udienza per l’ammissione dei mezzi istruttori o riservarsi su di essi nella stessa prima udienza di comparizione e trattazione provvedendo poi allo scioglimento della riserva entro il termine di trenta giorni che decorrerà dallo spirare dell’ultimo termine di cui all’art.183 cpc per la deduzione della prova contraria. La successiva udienza sarà deputata esclusivamente alle assunzioni dei mezzi di prova dei quali il giudice ha consentito l’ingresso. L’ordinanza potrà essere modificata dal giudice stesso. Il termine di 30 giorni per la pronuncia non è cogente. Sia la prova documentale che quella costituenda possono essere rilevanti rispetto a uno qualunque dei temi introdotti nel processo con la domanda originaria, le domande riconvenzionali e le eccezioni. Il mezzo di prova può fungere da veicolo per l’introduzione nel processo dei fatti cosiddetti semplici o secondari. La prova contraria può anche consistere in un mezzo di prova diverso da quello che la giustifica. L’unico mezzo di prova che non può essere ammesso direttamente dal giudice istruttore è il giuramento suppletorio che a norma dell’art.240 cpc nelle cause riservate alla decisione collegiale può essere deferito esclusivamente dal collegio. Il deferimento sarà opera del giudice unico e avrà luogo nella fase decisoria quando egli avrà valutato chela domanda o le eccezioni non sono pienamente provate ma non sono del tutto sfornite di prova o che non vi è possibilità di stabilire altrimenti il valore della cosa domandata. Il principio generale che regola l’ammissione e l’assunzione delle prove nel processo civile è che salvi i casi previsti dalla legge il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal PM.
Il legislatore ha dovuto anche tutelare le parti di fronte alla disposizione d’ufficio di mezzi di prova. Ha collocato la disciplina del contraddittorio delle parti rispetto ai mezzi di prova disposti d’ufficio (ciascuna parte può dedurre entro un termine perentorio i mezzi di prova che si rendono necessari) nel nuovo art.183 8° comma prevedendo che in tale ipotesi le parti abilitate a depositare altresì una memoria di replica nell’ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere ai sensi del 7° comma.
Il legislatore salvaguardia il contraddittorio nell’ipotesi in cui vengano disposti mezzi di prova ex officio, riconoscendo alle parti il potere di deduzione di specifici mezzi istruttori e legittimando il deposito di una memoria di replica. Le parti dovranno dedurre i mezzi di prova e motivarne la necessità, l’ammissibilità e la rilevanza, che non sarebbero sufficienti se i mezzi di prova non si concretassero nella deduzione di prova contraria sui fatti ammessi a prova dal giudice.
Potrà trattarsi di prova contraria diretta che si propone di dimostrare in modo immediato la non verità del fatto addotto a prova o di prova contraria indiretta che si propone di provare altri fatti da cui arguire che quel fatto non possa essere vero. Il giudice rimane libero di esercitare i propri poteri istruttori. Il giudice potrà anche nominare un consulente tecnico, dando luogo al procedimento di indagine.